I cinofili Anpas su Zampotta, la rivista: "Il cane da valanga va in pista"

I cinofili Anpas su Zampotta, la rivista: "Il cane da valanga va in pista"

Un percentuale sempre crescente di incidenti mortali che si verificano in montagna interessa coloro che praticano scialpinismo o gli amanti del fuoripista, spesso vittime di valanghe da loro stessi provocate. I motivi vanno dalla scarsa preparazione personale a una sottovalutazione del rischio, da una mancanza di attrezzatura d’autosoccorso al disinteresse per i bollettini meteo che monitorano il pericolo valanghe. Quando si viene travolti da una valanga intervenire per tempo è fondamentale. Se il ritrovamento avviene entro 18 minuti, infatti, la probabilità di sopravvivere è superiore al 90%, tra i 18 e i 35 minuti passa dal 91% al 34%, tra i 35 e i 90 minuti la sopravvivenza con vie aeree pervie e air-pocket (così viene chiamato qualsiasi spazio vuoto anche piccolo attorno a bocca e naso) è ancora superiore al 20%, ma tra i 90 e i 130 minuti la percentuale si abbassa dal 28% al 7%. Nel 2015 in un comprensorio sciistico trentino hanno cominciato a vedersi, accanto al servizio di soccorso piste, anche i cani da ricerca in valanga. A portare avanti il progetto è stata l’Unità di Soccorso Tecnico-sanitario di Trento, pubblica assistenza Anpas, prendendo spunto dalle piste da sci statunitensi dove da anni operano quotidianamente i cani da valanga.

I cani da ricerca Anpas

L’idea è che, in caso di inverni particolarmente nevosi, possa accadere che diverse valanghe si stacchino anche in ambienti protetti come le piste da sci o nelle immediate vicinanze, in cui molto spesso le persone che rischiano di venir travolte non sono dotate di idonea attrezzatura di autosoccorso. OPERATIVI ANCHE SENZA NEVE Tutto è cominciato con la border collie Fiamma (non più operativa) e con Sissi, di razza langhaar, condotta da Giuseppe Cerza, oggi direttore del Centro di Addestramento di UST Trento. I cani da ricerca normalmente possono scegliere se segnalare con il metodo del consenso e del bringsel (utilizzati solo nella ricerca in superficie) oppure con quello dell’abbaio (utilizzato anche in maceria). Con il metodo del bringsel il cane segnala al conduttore il ritrovamento prendendo in bocca una sorta di manicotto, con il metodo del consenso il cane, arrivato sullo scomparso, torna indietro a chiamare il conduttore per portarlo sul posto facendo la spola, mentre con il metodo dell’abbaio si addestra il cane a fermarsi e ad abbaiare all’atto del ritrovamento del disperso. In valanga l’unica segnalazione consentita è invece lo scavo nel punto da cui fuoriesce l’odore del travolto, tenuto conto che il successivo sondaggio inizierà nel punto in cui il cane raspa la neve.
Bene a sapersi - Il langhaar è un cane da ferma tedesco molto raro in Italia (9 i soggetti registrati nel 2017), polivalente, forte e muscoloso, piuttosto basso sugli arti, con pelo corto su tronco e testa, più lungo su collo, petto e ventre e con frange su orecchie, coda e arti. - ARTVA (Apparecchio di Ricerca dei Travolti in VAlanga) è un’utilissima ricetrasmittente di segnale a corto raggio, attivabile in modalità trasmissione dall’utilizzatore e in modalità ricezione (o ricerca) dagli eventuali soccorritori. - I cani da valanga operativi sui campi da sci sono una realtà da tempo presente in Paesi come Stati Uniti, Svizzera e Francia, dove i professionisti del soccorso impiegano labrador e pastori belgi malinois.

Non esistono razze più idonee di altre da impiegare sul soccorso piste come nell’attività di ricerca: normalmente il cane sa istintivamente ricercare la preda (in questo caso la persona dispersa), bisogna solo insegnargli come farlo capire al conduttore. Se un tempo il san bernardo era il cane da soccorso alpino per antonomasia, oggi sono maggiormente utilizzate razze come malinois, labrador, golden, pastore tedesco, border collie o anche meticci, l’importante è che siano robusti, socievoli e sufficientemente motivati. Ovviamente un cane da valanga deve possedere un olfatto particolarmente sviluppato per essere in grado di individuare persone sepolte da numerosi strati di neve, ma il lavoro di addestramento non deve perdere di vista la creazione del giusto feeling con il conduttore, nell’ottica di creare un’unità cinofila operativa capace di prestare servizio in ogni circostanza. A differenza del lavoro su macerie o in superficie, il lavoro di soccorso sulle piste da sci è possibile solo attraverso intese con i gestori degli impianti di risalita nei comprensori sciistici, che sono i responsabili della sicurezza e del soccorso agli sciatori in base all’art. 3 della Legge 363/2003 e può affiancarsi, ove necessario, al soccorso tecnico e sanitario e all’attività di ordine pubblico solitamente prestati dalle Forze dell’ordine o da associazioni di volontariato. A stagione sciistica chiusa i cani da soccorso sulle piste da sci non vanno in vacanza ma continuano a essere operativi (se abilitati) nella ricerca di persone scomparse in superficie ovvero in macerie. Una nuova sinergia per la formazione e il soccorso per unità cinofile si è raggiunta grazie alla convenzione tra Polizia di Stato e Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) siglata il 29 gennaio 2019 alla presenza del Capo della Polizia prefetto Gabrielli e del Presidente nazionale Anpas Fabrizio Pregliasco, che prevede l’addestramento e la formazione delle unità cinofile di soccorso Anpas. La formazione degli operatori Anpas, per il settore valanghe, si svolgerà mediante attività addestrative congiunte con il personale cinofilo esperto del Centro Addestramento Alpino della Polizia di Stato di Moena (TN).

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