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La Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia” – promossa da 40 organizzazioni sociali tra le più rappresentative del nostro Paese che operano nel campo dell’economia sociale, del volontariato e del sindacato – ha presentato nella conferenza stampa di oggi i primi dati di una ricerca su investimenti nel welfare e rilancio dell’occupazione.
Un gruppo di ricercatori, coordinati da Andrea Ciarini dell’Università “La Sapienza” di Roma, ha già individuato alcuni significativi elementi che possono incidere sulle riflessioni di queste settimane in tema di occupazione, e che supportano la convinzione della Rete che il welfare non sia un costo ma un investimento. I dati sono straordinariamente attuali viste anche le recenti decisioni della Commissione UE che consentiranno deviazioni temporanee dal raggiungimento dell’obiettivo di medio termine del rapporto PIL/spesa pubblica. Un’occasione epocale di investire in modo intelligente nel welfare.
In Europa, tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi), a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123mila unità l’incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623mila unità (+7,8%). Ma solo alcuni Paesi europei si sono resi conto che il welfare può essere un volano per la ripresaeconomica. Fra questi l’Italia non c’è: al contrario essa comprime la spesa sociale, delega massicciamente l’assistenza alle famiglie, mantiene limitati e risibili gli sgravi per l’occupazione domestica e di assistenza, favorendo il lavoro sommerso e senza tutele.
Destinare risorse pubbliche al welfare rappresenta, contrariamente a molti luoghi comuni, un investimento. Alcuni studi recenti confermano che l’uso della spesa pubblica per creare lavoro ha effetti sull’occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all’aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese.
Purtroppo gli interventi per favorire l’occupazione non sembrano andare in questa direzione. Si preferiscono misure che continuano a puntare sostanzialmente sul miglioramento delle condizioni di occupabilità e adattabilità dei lavoratori. Al contrario nulla è rimesso alla creazione diretta di occupazione attraverso un innalzamento degli investimenti finanziari nelle politiche sociali, come leva strategica per la creazione di nuovo lavoro.
La Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia” avanza invece una proposta diversa, e complementare per il rilancio dell’occupazione, dell’economia e per il sostegno alle famiglie italiane, proponendo al Governo l’adozione di alcune misure strategiche: – finanziare adeguatamente i Fondi per il sociale (azzerati per il 2014) anche al fine di estendere e qualificare la rete dei servizi sui territori; – dotarsi di un Piano nazionale per la non autosufficienza e di un Piano di contrasto alla povertà; – aumentare la solvibilità (cioè la capacità di pagare) delle famiglie italiane per l’assunzione di assistenti familiari, ma in un quadro di maggiori e migliori servizi pubblici di assistenza alle persone; – favorire l’emersione del lavoro nero aumentando significativamente gli incentivi fiscali e contributivi; – favorire la qualificazione e la tutela dei lavoratori; investire per il raggiungimento degli obiettivi europei di presa in carico della prima infanzia, in particolare quelli relativi agli asili nido; – raccogliere l’opportunità offerta dalla decisione della Commissione UE che ha concesso all’Italia una maggiore flessibilità di bilancio nel 2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita.
Il vice Ministro alle Politiche sociali Maria Cecilia Guerra, presente alla conferenza stampa, ha espresso apprezzamento e condivisione per lo sforzo mirato ad aumentare la conoscenza su questi aspetti. “Conoscere e diffondere la conoscenza contribuisce a smantellare i luoghi comuni da cui derivano convinzioni e scelte politiche conseguentemente sbagliate. E il primo luogo comune è proprio che il welfare sia una spesa improduttiva.” Concorda Guerra che il welfare invece possa davvero rappresentare un volano per l’economia. “Ma welfare significa anche interventi redistributivi che possano rafforzare la domanda di servizi di cura e di assistenza.” È necessario cambiare angolo prospettico. “Politiche sociali non più intese come interventi riparatori, ma soprattutto come servizi e supporti inclusivi, affinchè le persone siano davvero artefici e protagoniste della propria esistenza.” In questo senso le politiche sociali non rappresentano più un costo ma un investimento. Ed infine una considerazione sulle risorse. “Non basta conquistare le risorse, è necessario che il sociale diventi sistema, progetto, programma consolidato, impossibile poi da smantellare o da comprimere. Non solo trasferimenti monetari, ma anche progetti inclusivi per le persone.”
Il welfare produce occupazione. I dati lo confermano
Conferenza stampa – venerdì 5 luglio, alle ore 11.00 Roma, sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale, Piazza Monte Citorio Esiste un dato poco noto riguardo all’occupazione. In Europa, tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi) a fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123mila unità l’incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623mila unità (+7,8%). Ma solo alcuni Paesi europei si sono resi conto che il welfare può essere un volano per la ripresa economica. Fra questi l’Italia non c’è: al contrario essa comprime la spesa sociale, delega massicciamente l’assistenza alle famiglie, mantiene limitati e risibili gli sgravi per l’occupazione domestica e di assistenza favorendo il lavoro sommerso e senza tutele. Destinare risorse pubbliche al welfare rappresenta, contrariamente a molti luoghi comuni, un investimento. Alcuni studi recenti confermano che l’uso della spesa pubblica per creare lavoro ha effetti sull’occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all’aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese. Un esempio di questi effetti si rileva in Francia: uno dei Paesi europei che di più ha puntato su una strategia di integrazione tra politiche di welfare e politiche per la creazione di occupazioneregolare nella cura e assistenza alle persone, sostenendo la domanda con voucher, contributi, sgravi fiscali. Nel 2011 sono state 3,4 milioni (il 13% del totale) le famiglie francesi che hanno usufruito di servizi di cura e assistenza personale.L’impatto di queste politiche ha determinato un aumento dell’occupazione regolare del 47% tra il 2003 e il 2010 (+ 330 mila unità tra il 2005 e il 2010) giungendo a occupare un milione e mezzo di lavoratori. La Rete “Cresce il welfare, cresce l’Italia” – promossa da 40 organizzazioni sociali tra le più rappresentative del nostro Paese che operano nel campo dell’economia sociale, del volontariato e del sindacato – ha messo ben in evidenza questi e molti altri dati avvalendosi di un gruppo di ricercatori coordinati da Andrea Chiarini dell’Università “La Sapienza” di Roma. Ne esce una proposta diversa e nuova per il rilancio dell’occupazione, dell’economia e per il sostegno alle famiglie italiane. I primi interessanti risultati verranno presentati in una conferenza stampa il 5 luglio, alle ore 11.00 presso la sala Capranichetta dell’Hotel Nazionale in Piazza Monte Citorio a Roma.
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Vedi la giornata Cresce il Welfare, cresce l’Italia dell’1-2 marzo
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