Si è svolto il 15 novembre presso la Biblioteca Comunale di Como, il convegno organizzato dall’associazione di Volontariato Croce Azzurra di Como dal titolo “Il sistema di risposta all’emergenza”. L’evento, patrocinato da AREU Lombardia, Azienda Regionale Emergenza Urgenza, ha registrato un’affluenza di oltre cento persone interessate alle tematiche del soccorso sanitario, della sua organizzazione sul territorio e delle relative responsabilità.
Durante la mattinata, insieme al presidente di Anpas Nazionale Fabrizio Pregliasco sono intervenuti i deputati Luigi Bobba (tra gli autori del disegno di legge delega di riforma del Terzo Settore) e Chiara Braga (responsabile ambiente del PD), oltre a Alessandro Patelli (Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Como) e Enrico Fasola (agente generale AXA Assicurazioni). “Un convegno, quello di oggi, che ha permesso un confronto tra volontariato e una serie di interlocutori, tra cui AREU, che hanno evidenziato il ruolo e la scelta di Reglione Lombardia di apprlicare in modo concreto il concetto di sussidiarietà”, ha commentato Pregliasco. “Grazie al volontariato, la regione risparmia 90 milioni di euro all’anno. Apprendiamo poi con piacere l’apprezzamento e la conoscernza che il sottosegretario Bobba ha del nostro movimento e della valorizzazione che, con il lavoro che sta svolgendo sul DDL del Terzo Settore, si sta cercando di fare nei confronti del volontariato”
Giuseppe Battarino (magistrato comasco studioso del diritto dell’emergenza sanitaria) ha intrattenuto con una lectio magistralis in merito alle correlazioni tra l’organizzazione del sistema emergenza e il diritto; Alberto Zoli (direttore generale di AREU) ha relazionato circa l’offerta differenziata dei mezzi di soccorso e l’evoluzione della macchina del soccorso; Marco Salmoiraghi (direttore sanitario di AREU) ha introdotto il tema dell’organizzazione sanitaria nei grandi eventi, compreso EXPO 2015; Mario Landriscina (responsabile del servizio 118 per Como, Varese e Lecco) ha spiegato l’evoluzione della centrale operativa dell’emergenza e Mario Botta (avvocato e responsabile della sezione di Como di Croce Azzurra) ha relazionato in merito alla gestione dell’informazione, di fondamentale importanza nella gestione dell’emergenza; gli interventi sono stati moderati da Fabrizio Pregliasco, presidente nazionale di Anpas.
“La nostra associazione con questa iniziativa ha voluto mettersi in prima linea – spiega Francesco Cattaneo, presidente di Croce Azzurra Como – nel proporre una formazione e informazione continua e aggiornata su temi così importanti quali i rischi e le responsabilità che i soccorritori si assumono quotidianamente nello svolgimento dell’attività di primo soccorso, in un sistema che si basa principalmente sull’impegno e la passione dei nostri volontari”.
L’incontro odierno si pone quindi come un tassello conoscitivo di fondamentale importanza per il complesso, e a volte delicato, mondo del soccorso.
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La prefazione di Fabrizio Pregliasco (presidente Anpas)
Il volontariato in ambito sanitario ha una lunga tradizione in Italia; tre sono le grandi organizzazioni: Anpas, Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia e Croce Rossa Italiana. Queste tre realtà, pur con i distinguo derivanti da radici storiche diverse, hanno svolto un ruolo determinante nel garantire servizi sanitari, in particolare nel campo dell’emergenza-urgenza, quando ancora questo aspetto dell’assistenza sanitaria era trascurato e non c’erano a disposizione le conoscenze e le tecnologie odierne. È una storia lunga e interessante che è opportuno ricordare, e la riporto per quanto riguarda l’Anpas, non solo per la memoria del passato, ma soprattutto per essere la base per nuovi stimoli e verificare come poter continuare a essere attori attivi nel futuro. Le pubbliche assistenze nascono a partire dal 1860 come associazioni di volontariato, laiche e libere, sotto una grande molteplicità di nomi: Croce Verde, Croce Bianca, Croce d’Oro, Società di Salvamento, Fratellanza Militare, Fratellanza Popolare. Dalla Sicilia al Piemonte, unanimi nel loro impegno, le pubbliche assistenze non fanno distinzioni di servizio per nobili o poveri, servono chiunque esprima un bisogno, non pongono condizioni all’aiuto prestato e sono aperte a chiunque voglia prendervi parte. Le radici storiche che favoriscono la loro nascita si ritrovano nelle “Società Operaie di Mutuo Soccorso”, sodalizi attivi negli stati sabaudi già dal 1848 a seguito delle promulgazione dello Statuto Albertino e diffusisi poi in tutta la Penisola man mano che l’unificazione nazionale proseguiva. Il mutuo soccorso si sviluppa in parallelo al diffondersi delle nuove strutture economiche e sociali generate dalla rivoluzione industriale. Queste forme di partecipazione nascono essenzialmente come una forma di autotutela delle nuove classi di salariati e operai nei confronti delle malattie, degli infortuni, della morte, ma anche rispetto alla necessità di formazione alle arti e mestiere che si dovevano esercitare o all’insorgere di momenti in cui il lavoro veniva a diminuire o a mancare del tutto. Gratuità quindi, ma anche reciprocità e risposte concrete ai bisogni fondamentali della vita non ancora adeguatamente tutelati dalla legislazione statale. Agli inizi del ’900 comincia a emergere in modo sempre più chiaro l’esigenza di un coordinamento nazionale che funga anche da mediatore fra le singole associazioni e lo Stato: nel 1904 a Spoleto il IV Congresso nazionale dà vita alla Federazione Nazionale delle Società di pubblica assistenza e Pubblico Soccorso, che nel 1987 ha preso l’attuale denominazione di associazione Nazionale pubbliche assistenze. Il regime fermò la crescita di una realtà che per sua stessa natura ne rappresentava l’antitesi, in quanto portatrice di valori quali la solidarietà, la condivisione, il servizio disinteressato. Non è un caso infatti se, nel 1930, Vittorio Emanuele III deciderà di sciogliere le associazioni prive di riconoscimento giuridico e di trasferire alla Croce Rossa Italiana non solo tutte le competenze relative al soccorso, ma anche i loro beni. Il movimento si ricompone spontaneamente e nel 1946, a Milano, si tiene il primo congresso nazionale del dopoguerra. I 20-25 anni che seguono sono caratterizzati da una crescita complessivamente lenta, ma costante. Sarà negli anni Settanta che, in conseguenza degli eventi socio-politici, si avrà una maggior consapevolezza delle problematiche sociali da parte dei cittadini e anche la constatazione che il welfare state che si pensava potesse assistere in modo universale i cittadini comincia a vacillare; si assiste perciò alla nascita di molte nuove pubbliche assistenze, sino a oggi con circa novecento associazioni con centomila volontari presenti su tutto il territorio nazionale. Nella storia di ogni pubblica assistenza italiana si riconoscono i valori di riferimento di Anpas: uguaglianza, fraternità e libertà. Sono questi tre valori a caratterizzare l’identità di un’associazione che si riconosce nel nostro Movimento e a tradursi, attraverso la partecipazione sociale, in un più completo e complesso sistema etico. Le pubbliche assistenze quindi sono nate in gravi condizioni di bisogni sanitari e sociali, senza che il settore pubblico vi fosse e svolgesse un ruolo in questi ambiti: non sono state supplenti dello Stato, ma l’hanno anticipato. Questo è ciò cui oggi sono ancora chiamate, così come il recente disegno di legge di riforma del Terzo Settore ribadisce riconoscendo nell’associazionismo uno strumento fondamentale per l’attuazione dei principi di partecipazione, solidarietà, sussidiarietà e pluralismo previsti dagli articoli 2, 3, 18 e 118 della nostra Costituzione. È fondamentale, oggi più che mai, confrontarsi con le Istituzioni preposte e integrare i servizi svolti dai professionisti con quelli che possono essere attuati dai volontari, nell’ambito di un’ottimizzazione del servizio al cittadino. Per farlo, c’è bisogno di stabilire la prospettiva in cui si vuole inquadrare il lavoro e il pensiero nei prossimi mesi e anni, tenendo conto della situazione attuale di crisi e delle possibilità che ci pone di fronte, ma anche del sistema di regole in cui siamo inseriti e che possiamo – e forse dobbiamo – contribuire a riscrivere nell’ottica di un benessere generale che ci sta a cuore e che cerchiamo di perseguire.
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