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La storia di Gerardo, pubblica assistenza Grottaminarda
Li chiamano interventi, ma credo che sia troppo superficiale. Per quanto mi riguarda si possono chiamare atti umani. Sono convinto che l’esperienza insegni, ma le prime armi sono le più traumatiche, infatti chi possiede “l’esperienza” giusta cerca di distogliere lo sguardo su tutto e tutti e si concentra su di te. Vede che sei in difficoltà, cerca di capirti, ti aiuta e noti che i gesti più banali e stupidi diventano opere d’arte che non sei in grado di raffigurare. Si perché tutto diventa complicato per te, che hai deciso all’ultimo di seguirli. Sono le undici passate, una telefonata ti allarma del fatto che in un centro per anziani qualcuno sta male, che il suo cuore sta per arrivare all’ultimo battito. Saliamo al secondo piano, il che significa “vecchi e fuori di testa”. Ad aspettarci ci sono infermieri specializzati, ma sei tu, tu insieme ai medici, i più scrutati, osservati, visti solo come un bambino può guardare il suo eroe preferito dal vivo. Tutti si fanno da parte, sei tu soccorritore che adesso hai le redini. Ovvio, tu scarichi tutto ai medici. Quell’uomo era un uomo ma gli mancava qualcosa, un qualcosa di naturale, la natura di cui ci riempiamo la bocca facendoci dimenticare noi stessi. La cosa che mi ha aggrovigliato per tutta la notte è stato sentirmi dire: “non toccare!”, “non toccare!” e tutto mi è stato più difficile, anche se volevamo occuparcene. La priorità era un’altra. di Gerardo Lieto, pubblica assistenza Grottaminarda
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