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Settembre 2016.
“Gilda parti per Amatrice!”.
Si partirò, ma le domande continuavano ad alternarsi: ‘Chi troverò? Cosa dovrò portare con me? Cosa potrò dire alle persone che chiedono il mio supporto e aiuto?’.
Dopo un viaggio in su ed in giù per le montagne, pochissimi gradi e altrettante ore di sonno, eccomi catapultata al campo.
Tante informazioni, tante persone e mi sento spaesata, alquanto spaesata… Anche se, poi, è ora di pranzo e mi sento attorniata da tante persone, con le quali avvengono le prime presentazioni.
Concordiamo l’incontro giornaliero, con i volontari della Tenda Sociale e della Giocheria, che ci terrà compagnia lungo tutta la settimana, tra forti abbracci e lacrime condivise, sin dalla prima volta.
“Non ho mai visto uno psicologo piangere”, “Lo psicologo non piange”, “…e meno male che sei tu a dovermi dare una mano!”.
Queste sono solo alcune delle emozioni vissute durante il primo giorno del sesto Contingente di Amatrice.
Novembre 2016.
La giornata inizia con il lavaggio dei denti. Nello specchio, vedo una piccoletta bionda e riccia, che con le ginocchia sull’asse di legno cerca di raggiungere il lavandino e lo specchio. Quest’ultimo ci dice che entrambe ci stiamo lavando i denti, io indosso la divisa della Protezione civile, lei il giubbottino e la fascia termica.
Siamo, insieme, a Norcia e nel frattempo ci sorridiamo con gli occhi, mentre continuiamo a lavarci i denti.
C’è la neve sulle montagne e non piove. Ricomincerà la scuola, un attimo di normalità in questo trambusto.
Poi, vedremo la professoressa con un gruppetto di ragazzi intenti a studiare, con l’intermezzo del thé caldo e della tavoletta di cioccolato.
Ci sarà la telefonata che arriva da lontano, con questioni d’ufficio lasciate sospese, gli sms di chi non mi sente da giorni “Ué tutto a posto???”.
Il venerdì sera è il momento dei saluti, della commozione: “e ora come faremo senza di voi? Ci verrete a trovare? Ritornerete?”.
Quanta sofferenza nel distacco con i cittadini, con chi si era affezionato, aveva visto in ognuno di noi un sorriso, il conforto, un compagno di giochi per i propri figli.
Mi sento senza risorse, assorbita. Meno male che posso contare su chi mi è stato accanto in questa esperienza, la mia spalla, capitata così per caso…”
Gennaio 2018
Più di un anno è trascorso da Amatrice e Norcia, e tutto riparte da lì. Dalle facce, dalle storie e dai saluti scambiati prima di partire per casa, con chi ci ha accompagnato durante una settimana. Il forte desiderio era quello di ritrovarsi e finalmente è stato possibile.
Una grande macchia arancione, i volti sorpresi, l’entusiasmo di vedersi cresciuti, maturi e di persona.
Perché, esperienze del genere, benché possano farci crescere come volontari, ci elevano come persone, fanno battere i nostri cuori all’unisono.
Questo incontro è stato fonte di innumerevoli ricordi, legami e abbracci, da non consentirmi di avvertire la terra sotto i piedi e di sentirmi parte di una famiglia.
Perché, la famiglia del volontariato la portiamo nel cuore e non ci sfugge mai…