Lucia e Paul sono compagni nella vita, ma sono anche due volontari Anpas. Raccontare e documentare certe cose, quando però succedono a casa propria, è decisamente molto più difficile. A modo loro ricordano cosa ha significato la prima settimana dopo il crollo del famigerato ponte, sia come genovesi, sia come volontari Anpas. (dal Bilancio Sociale Anpas Liguria 2019)
PAUL – “Ufficio.. ufficio.. per noi con quest’acqua è impossibile lavorare, ci fermiamo fino a quando riusciamo a vedere qualcosa…” “OK ricevuto.”
Non faccio in tempo ad annotare che “la mano di lavoro” è in pausa perché sono cessate le condizioni minime di sicurezza che sento un tuono fragoroso che fa tremare le finestre (scopro dopo ore che quel tuono in realtà era il rumore del ponte Morandi che stava cadendo).
LUCIA – Ho appena finito le ripetizioni di fisica con Michele, in anticipo di qualche minuto, e scatta il momento “controllo notifiche” prima di uscire e mettermi alla guida. Dovrei passare in Fiumara a comprare due cosette e poi pranzare con Paul per rientrare poi insieme a casa, ma leggo i messaggi sulla chat della “croce” e capisco che qualcosa non va. Corro fuori e mi apposto sotto al cornicione, al riparo dalla pioggia, per chiamare subito i miei genitori (che dovevano andare e tornare da Isola del Cantone in mattinata) e Paul. Dopo un iniziale spavento, visto che mia mamma non risponde mai alla prima al cellulare, ma se io non rispondo entro 20 secondi sono la figlia peggiore del mondo, capisco che le persone a me più vicine sono tutte al sicuro.
PAUL – “Ciao amore, si ho sentito cosa è successo, ma veramente? Bho amore io sono al lavoro, anche io ho letto sul gruppo ma pensavo fosse una bufala. Ora sui gruppi tutti mandano foto, video registrazioni.” “I tuoi li hai sentiti? Stanno bene? Si mamma, è a casa e le ho detto di non muoversi…” “Tu vai a casa e prendi la divisa, vedrai che ci allerteranno. Ok bacio a dopo amore!”
LUCIA – Sto tornando indietro dal centro città e il telefono continua a suonare per chiedermi se stiamo bene e se i nostri parenti siano per caso coinvolti. Rassicuro tutti, ma l’unica persona che proprio non riesco a rassicurare è la mia cara amica Cristina che è in dolce attesa e spaventata dall’accaduto. “Dai Cri tempo di arrivare a Sestri e vengo da te” “Grazie Pippi, scongelo subito il pesto!”
Avviso Paul che “l’attrezzatura da comunicazione” la prenderemo dopo insieme, e capisco che dovrà pure venire fino a Sestri a piedi, visto il traffico paralizzato.
PAUL – Esco dal terminal e, visto il traffico già paralizzato da due ore, decido di andare a Sestri a piedi (5km) a prendere la divisa e mettermi subito disponibile per un eventuale chiamata (arriverà alle 16:30). Non faccio troppo i conti con la pioggia, che mi “infradicia” per bene.
LUCIA – “Tesoro dove sei? Io sto uscendo da casa di Cri. Ok vengo a prenderti all’inizio di Sestri e andiamo a casa così ti cambi e prendiamo tutto.”
LUCIA E PAUL – Una volta a casa, prendiamo tutto il necessario: macchine fotografiche, cavalletti, microfono, GoPro, schede SD a volontà, pennette USB, e l’immancabile ciabatta per ricaricare tutto. A questo punto scendiamo in Croce Verde. Verso le 16.30 una chiamata di Nerio ci avvisa che il campo sarà allestito il prima possibile nel nuovo parcheggio dell’Ikea a Campi, quindi di dirigerci il prima possibile là.
Ovviamente ci muoviamo in moto. Impressionante come, con la divisa addosso anche se con un mezzo privato, tutti ti guardino con occhi diversi e ti dicano “prego vada pure, ci mancherebbe”. Intorno alle 17 arriviamo nella zona dove avremmo allestito il campo.
Dopo affettuosi abbracci e saluti tra tutti noi volontari, inizia l’organizzazione.
Adesso che ci penso lì per lì non ho neanche alzato la testa a guardare che cosa è successo 300mt più avanti.
Patrik ci guarda “ci pensate voi alle foto giusto?”
“Si sì, Patrick non ti preoccupare, anzi appena abbiamo un po’ di materiale ci aggiorniamo magari con Giorgio.”
“Allora tu fai video come al solito che hai la mano più ferma, ed io le foto ok?”
“Si, Luci, facciamo così”
“A dopo ti amo.”
Per le seguenti ore sarà un susseguirsi di click, un susseguirsi di mani e volti affaticati e concentrati dei volontari, intervallati da un “aspetta ti do una mano io” “ricordatevi il caschetto e i guanti” “quante bottigliette ti servono?”
Probabilmente in tutti questi anni che siamo insieme non siamo mai stati così tanto indaffarati da non parlarci per ore pur essendo nella stessa area.
PAUL – “Amore ma dove sei?” “Sono con la “oro” nella zona rossa a portare acqua ai vigili del fuoco” “Ok stai attenta mi raccomando. Ma hanno trovato qualche ferito?” “Non saprei c’è veramente tantissima gente.” “Ok io sono al campo che ti aspetto.”
“Ciao, dimmi Nerio.” “La cucina è a Genova Ovest la stanno scortando i carabinieri e stiamo radunando tutti per montarla.” “Ok dai arrivo ero qua con la squadra al PMA per portargli dell’acqua.”
Le divise arancio iniziano a moltiplicarsi e mentre Sergio anticipa la divisione dei compiti, la cucina del “nazionale” tira il freno a mano e tira giù i pistoni che la renderanno più stabile possibile in quell’asfalto che durante le settimane seguenti diventerà il “nostro pavimento”. Accanto, una zona allestita alla spartana, dove tante mani stanno già lavorando da ore per preparare panini da portare ai soccorritori che lavorano senza sosta.
Sento i click dietro la mia schiena e intuisco che Lucia mi ha raggiunto! “Sono tornata poco fa e sono andata a recuperare la macchina fotografica in tenda, poi ti stavo cercando” (modo elegante per dire che OVVIAMENTE non mi sono nemmeno portata la macchina fotografica in zona rossa). Mi rassereno un attimo e nel mentre Lucia mi inizia a descrivere cosa ha visto nella “zona rossa”, subito arriva l’angoscia per tutte le persone coinvolte.
LUCIA – “Non si riesce a capire quante persone ci siano, i telefoni squillano dicevano” “Cavolo, non riesco ancora a credere cosa sia successo lo sai? Ma tu che studi “ste cose” come è possibile?” “Sembra un film americano, di quelli che pensi siano esagerati… Dai ora pensiamo a qua, c’è il montaggio cucina da documentare… ok?”
“Ragazzi, per favore, tutti con guanti e caschetto!”
Chi monta la scaletta e prepara il modulo cucina in modo che si inizi subito a cucinare, chi scarica tavoli e panche, chi li apre e li sistema, chi li pulisce, chi prepara per il servizio, chi spiega come sarà organizzata la “sala”. E quando arriva il buio, pochi alla volta, iniziano ad intravedersi divise sporche che si avvicinano alla ricerca di un pasto caldo.
Sono le 21 (“già le 21???”), il profumo di cose buone pervade l’aria (sarà che non mangiamo niente da 9 ore e abbiamo corso su e giù?) e i pentoloni continuano a uscire dalla cucina senza sosta. I cuochi non sono amanti delle fotografie e dei video, quando ci vedono avvicinare con la macchina fotografica in mano sul loro volto compare un sorriso come per dirci “no dai, non la pubblicare”. Ma dopo un iniziale imbarazzo, capiscono che non saranno intralciati nelle loro faccende, e allora l’accoglienza diventa “assaggiami il sugo per favore!”
Sarà che avevamo fame, ma quei 2 piattoni di pasta al sugo erano proprio buoni stasera!
“Ehi che dici se visioniamo un po’ di materiale? Inizio ad avere la memoria piena” “Sono le undici e mezza tesoro, siamo svegli dalle 6 di stamani.” “Forse sarebbe meglio andare a riposarsi.” “Patrik, siete coperti stanotte? Ok, allora ci vediamo domattina”.
Non riusciamo neanche a parlare di quello che abbiamo visto, sentito durante tutta la giornata che ci addormentiamo abbracciati.
Sono le 6 del mattino del 15 agosto e di solito sceglieremmo quale costume metterci. Invece per quest’anno scegliamo se metterci la polo o la maglietta. È un Ferragosto afoso e caldo e lo si sente già dalle prime luci del mattino. Prendiamo la moto e alle 7 siamo al campo.
PAUL – “Luci facciamo così: mentre te fai il briefing del mattino con capocampo e gli altri, io faccio le colazioni ok?”
“Fare le colazioni” nel nostro compito al campo non vuol dire stare dietro al latte oppure preparare le fette biscottate, ma riprendere con fotografie e video il “lavoro” dei volontari al campo.
Ed è qui che vedi tutta la spontaneità e la generosità del volontario che si sveglia all’alba per fare una cosa che nel quotidiano farebbe con gli occhi ancora chiusi, oppure per comodità al bar. La cosa buffa di questo momento è che la volontaria quando capisce che la stai fotografando al mattino ti “minaccia” con un classico “Non la pubblicare!” mentre il volontario ti fa un sogghigno.
“Ehi, ho parlato con gli altri. Vista la situazione, dove sono coinvolte tante persone e che molte sono ancora sotto le macerie, non usciamo con niente per rispetto. Bisogna che ci organizziamo sui contenuti da fare oggi.”
“Ora abbiamo le colazioni, sia qui al campo che d’asporto e in giro ai soccorritori. Potresti fare il giro tu e io faccio materiale qui al campo. Per metà mattina la cucina si metterà dietro al pranzo, quindi almeno uno di noi dovrebbe rimanere in zona. Siccome sono previste tante persone, se per caso ci fosse ritardo ci stacchiamo e magari diamo una mano va bene?”
“Ok, direi ottima organizzazione. Nel briefing di metà mattina raccogliamo anche qualche numero sui pasti e sui volontari che stanno aiutando, servirà per il comunicato stampa”
“Ehi vado che è arrivato camion dell’acqua e magari ne esce qualcosa di carino. Ragazzi andiamoooooo acqua!”
LUCIA E PAUL – In questi momenti ti senti in colpa perché tu sei li dietro ad un obbiettivo a un “click”, a un “rec”, mentre magari gli altri faticano e sudano. La reflex deve avere un potere, perché quando guardi il mondo dei volontari da dietro di lei riesci sempre a cogliere tutta la spontaneità di quello che stanno facendo.
Una delle foto che più ci piace riprendere è la famosa catena passamano che i volontari fanno sistematicamente per scaricare camion. E una di quelle foto dal sapore antico, tramandata dai nostri avi che più ci emoziona e che più descrive il valore di unione, fratellanza. E durante questa emergenza arrivavano tanti camion e camioncini, con cose regalate da supermercati o associazioni, quindi di passamani ne abbiamo visti tanti.
LUCIA – Il “giro delle colazioni” tra i soccorritori è un momento particolare. Siamo tutti stanchi, ma ognuno cerca di dare il meglio di sé in quello che sta facendo. Da parte di chi lo serve non manca mai il sorriso e, dall’altra parte, soccorritori stanchi dopo una notte svegli a faticare rispondono con un sorriso ancora più grande e pieno di gratitudine. “Luci dove sei?” “Sto andando al COC a portare i pasti” “Ma tu hai mangiato qualcosa da stamani?” “No, lo sai che mi è passato di mente.” “Ok ma butta giù qualcosa che poi non arrivi a fine giornata.” “Ok tu invece?” “Si, Vitto mi ha dato un panino alle tre, tesoro. Dai a dopo ciao e stai attenta.”
LUCIA E PAUL – È ferragosto, ma sembra una giornata come un’altra. Una volta prodotto un po’ di materiale della consegna pasti e della preparazione al campo, arriva il vero momento di fare i conti con i temuti “giornalisti”. Come essere completamente imparziali davanti alla nostra città in ginocchio? Ci guardiamo, ci accordiamo su quello che “dobbiamo dire” e “non dobbiamo assolutamente dire”, noi stiamo rappresentando Anpas e i volontari in quel momento, dobbiamo parlare solo di quello che effettivamente facciamo. Nel momento in cui ci buttiamo in pasto ai giornalisti, ci accorgiamo che solo una piccola parte è italiana, e che vengono davvero da tutto il mondo. Ci prendiamo la mano, ci facciamo coraggio a vicenda: “Che cosa facciamo? Siamo volontari dell’Anpas che si sta occupando di distribuire i pasti ai soccorritori, ai centri di controllo e a chi viene a chiederlo” “Cosa penso del ponte? Non è assolutamente compito nostro stabilire quanto sia accaduto” “No, non sappiamo niente su chi sia coinvolto, siamo dell’Anpas, abbiamo allestito un campo di protezione civile con cucina, mensa, bagni per assistere gli operatori e i volontari impegnati.”
Quelle domande a raffica, quella curiosità, quelle risposte, quel clima di tensione…non rendevano ancora la cosa reale. Solo la sera, guardandoci negli occhi all’interno della tenda segreteria, ci siamo detti quanto quella giornata fosse stata assurda. Passare da una parte all’altra del Polcevera senza quasi accorgerci delle macerie 100 metri più in su, perché inconsciamente noi quel ponte lo vedevamo al suo posto.
PATRIK – “Ciao Paul domani mattina alle 7 arriva la tensostruttura per la mensa.” “Ok domani siamo in due intanto. Va bene dai ciao a dopo.”
LUCIA E PAUL – I momenti di analisi del materiale talvolta sono gli unici dove riesci un po’ a rifiatare perché la tecnologia ha bisogno dei suoi tempi, di analizzare i gigabyte che poi alla fine sono i tuoi ricordi trasformati in foto video emozioni.
Quando si aprono le varie cartelle delle schede di memoria delle reflex o degli smartphone, talvolta si scoprono momenti che si è quasi dimenticati di aver vissuto.
Fa spavento come l’adrenalina in quei momenti riesca ad anestetizzare la fatica e anche le emozioni.
“Amore raccogliamo i numeri di oggi, buttiamo giù due righe per il comunicato stampa e andiamo a dormire ok?” “Si amore, anche perché domattina abbiamo il montaggio della tensostruttura” “Sergio, per favore, prima di iniziare a montare chiamateci se per caso anticipaste. Noi alle 7 siamo qui. A domani ragazzi!”
16 agosto fa caldissimo, oggi il programma è pieno. Riprese e foto alla tensostruttura immensa che dovrà essere montata in tempi record (sono le foto che piacciono più di tutte ai volontari), poi ci saranno da riprendere i volontari che prepareranno le colazioni per il campo e le colazioni d’asporto, poi ci sarà invece l’arrivo delle donazioni (ogni mattina i panifici ci portano teglie di focaccia per i volontari, mentre altre aziende ci portano latte e biscotti). Per le 10 del mattino si caricano acqua e biscotti per i volontari nella zona rossa. Al ritorno si pensa alla preparazione dei pranzi per il campo e d’asporto.
Ritornando al montaggio della tenso struttura per quanto riguarda la “comunicazione” è sempre molto bello e coinvolgente, perché puoi raccogliere del materiale interessante. Durante il montaggio riesci a riprendere tantissimi sorrisi, ma anche tante facce di fatica e di sudore.
PAUL – Io sono “malato” per riprendere i dettagli in quel momento, perché sono foto rubate, foto spontanee che riesco a cogliere solo in un istante: la mano che si pulisce la fronte, la mano che tiene la corda, lo scarpone che fa da piedistallo, la smorfia, la divisa illuminata da una luce perfetta, oppure la sagoma del volontario controsole, insomma tanti bellissimi spunti. Totale della sessione? 1giagbyte tra video e foto. Rimane sempre il silenzio stampa imposto per il rispetto delle vittime e dei dispersi, e quindi è tutto lavoro che rimarrà in memoria e utile per future pubblicazioni piuttosto che per formazione e altri usi. Nel mentre bisogna gestire anche l’ingresso al campo di eventuali “curiosi” che possono essere sia gente comune che giornalisti al quale bisogna dare una risposta educata alla domanda: “Voi cosa fate qua?”
Discorso a parte invece è la gestione delle autorità, a cui bisognerebbe dedicare un capitolo a sé stante, ma in quei momenti concitati cerchi sempre di gestirli con il massimo rispetto ed educazione.
Ai volontari fa sempre piacere essere ringraziati da personalità che vedono sempre e solo in TV.
Il caldo ti unisce la pelle alla divisa e in più con tutto il materiale attaccato alle tracolle da portarsi in giro si fatica.
Il campo prende sempre più forma, infatti si distinguono chiaramente la zona cucina, la zona magazzino e la tensostruttura da 200 posti adibita a mensa e, infine, più in là, tutti i mezzi parcheggiati.
Il ragazzo della manutenzione dell’IKEA è stato disponibilissimo sin dai primi momenti e, almeno due volte al giorno, passava e chiedeva se ci fosse stato bisogno di qualcosa. Quel pomeriggio, riconoscendolo, gli ho chiesto gentilmente se mi potesse far salire sul tetto per fare la foto panoramica al campo (foto usata molto per fare formazione) ma dopo il terzo scatto ho dovuto smettere, perché riguardando le foto lo sfondo era un pugno allo stomaco. Il campo era infatti posizionato a nord rispetto all’IKEA e quindi dietro si vedeva proprio il moncone del ponte Morandi crollato non più tardi di 48h prima.
Non c’è solo la magia dei volontari dietro l’obiettivo della mia reflex ma anche disperazione, tragedia e tristezza.
Finalmente arriva la sera e io “purtroppo” devo andare al lavoro
“Amore io devo andare, ci pensi tu a selezionare materiale, raccogliere i numeri?” “Si ok, intanto faccio la notte al campo con la Michi.” “Ok bacio ti amo”.
LUCIA – “Ciao amore come và al lavoro?” “Bene, non c’è tanto, ma la gente è scossa e ne continua a parlare anche via radio… tutti avevano qualche conoscenza direttamente o indirettamente colpita”.
La frase ricorrente è sempre la solita: “Sai quante volte ci sono passato lì sopra?”
“Io ho già fatto il giro di mezzanotte e fra un po’ proviamo a metterci giù in branda anche se ce un caldo e umidità pazzesca” “Ok ciao amore ci sentiamo per qualsiasi cosa, ciao”.
La notte al campo è tutt’altro che rilassante: ogni due ore bisogna fare il “giro caffè”, sono ancora tanti i soccorritori impegnati sulle macerie. E materiale “in notturna” non ne abbiamo ancora, quindi il giro completo delle postazioni non me lo toglie nessuno. In più, le varie pattuglie passano al campo e cerchi sempre di offrire loro quello che chiedono, che sia un caffè, biscotti, un panino o un frutto. Il ritmo è piuttosto incessante, è vero che a pranzo e cena c’era il “pienone”, ma tutto quel via vai di notte non te lo aspetti, e invece… Sembrano giornate senza fine, come se non venisse mai l’ora di interrompersi e dire “ho finito”.
PAUL – 17 agosto io smonto dalla notte e mi dirigo subito a casa per cercare di riposare qualche ora. Alle 10 raggiungo Lucia al campo.
“Tesoro ciao, come va? Come è andata la notte?”
“Abbiamo dormito poco, è venuta tanta gente al campo tra vigili del fuoco, carabinieri, vigili, polizia, usar e praticamente non abbiamo chiuso occhio. Senti oggi preparati che sarà pieno di giornalisti e di personalità e quindi ci sarà l’assalto” “Ok va bene!”
LUCIA E PAUL – Oggi c’è un clima surreale al campo come purtroppo in tutta l’area colpita, piuttosto che in tutta Genova.
È quell’aria di attesa, sia perché l’indomani ci saranno i funerali di Stato per tutte le vittime del crollo, sia perché dopo le 36/48hr da un evento dove ci sono dei dispersi sotto le macerie le probabilità di sopravvivenza si riducono al lumicino.
La voglia di fare foto in questi momenti cala, ma purtroppo è un “compito” come un altro, come fare sala, cucina, PMA, consegne e altre mille cose che si fanno in un campo di protezione civile Anpas.
Tra un click e un video a qualche politico che è passato a dar “man forte” ai volontari, si arriva alla fine di questa giornata consapevoli che l’indomani sarà una giornata carica di emozioni.
Riunione alle 22 sotto il tendone della segreteria dove analizziamo tutto il materiale della giornata. Stasera ci imponiamo di riposare un po’ di più, e appena finito andiamo a casa, facciamo una bella doccia e andiamo a dormire.
LUCIA E PAUL – 18 agosto le fotocamere e le videocamere sono state in carica tutta la notte, ma oggi non saranno usate.
Oggi è una giornata triste, oggi è la giornata dell’ultimo saluto.
Unico momento in cui abbiamo utilizzato le reflex è stato per il ringraziamento sentito del Presidente della Repubblica a tutti i volontari.
“Lucia, dove sei?” “Al campo, ti stavo cercando perché sono rientrata poco fa da fare foto alla consegna colazioni a Buranello” “Allora corri subito dalla zona rossa, ma dall’altra parte dove ci sono tutti i gazebo, che sta arrivando Mattarella!” “Come CORRI?” “Si, corri! Non ci sono mezzi, o sono già alla cerimonia, oppure sono qua con noi pronti per dopo.”
Una bella corsa, sotto il sole estivo delle 9 del mattino, con la divisa completa e gli scarponi… proposito di non sudare non mantenuto. Ma essere in due, per documentare tutto (proprio tutto non lo so, ma abbiamo fatto del nostro meglio) quello che accade ai volontari impegnati in un’emergenza è complicato, bisognerebbe avere mille occhi e diecimila piedi per correre più veloce.
Alle ore 10 ci si mette in macchina, ma senza nessun “attrezzo del mestiere” e ci dirigiamo verso la fiera del mare per i funerali.
Alle ore 13 siamo di nuovo al campo allestito vicino all’Ikea per riprendere quella che è diventata una routine, cioè i volontari che sono addetti alla preparazione dei pasti d’asporto e alla preparazione per il pranzo al campo.
Al campo non si fa altro che parlare del funerale, le persone che erano di turno al campo chiedevano come era stata l’omelia, piuttosto quanta gente era presente e tutte altre mille domande a cui tu non vuoi e non puoi rispondere.
Nel ruolo del “comunicatore” è previsto anche dare delle risposte sensate e nel più breve tempo possibile, ma la ferita è aperta e fa malissimo, perché dal campo in qualsiasi parte uno si giri la risposta perché quel ponte dietro la schiena è crollato non ce l’ha nessuno. E quelle domande, come tutti, le hai dentro anche tu, ma la risposta non è proprio dietro l’angolo. Ecco, questa giornata è stata “silenziosa e riflessiva”, quasi come se sperassimo che finisse, per poter dire “è passata”.
Il 19 agosto dopo 5 giorni di fila passati a fare volontariato al “campo Morandi” io e Lucia decidiamo di “staccare la spina” fisiologicamente e di prenderci un giorno completo di riposo.
Probabilmente a tutti i volontari che “staccano” dalla loro settimana di protezione civile rimangono i flash impressi nella mente di quella esperienza, figuratevi ad un volontario che ha come compito di fare foto e video cosa rimane nella testa.
PAUL – Il 20 agosto devo timbrare al lavoro alle 6 del mattino ed uscirò alle 14, l’ultima volta che ho fatto questo orario era il 14 agosto. Al campo ci sarà già Lucia la quale mi ricorderà che dopo il ritrovamento di Mirko Vicini tutti i dispersi sono stati trovati.
La storia di Mirko la sentiamo un po’ più da vicino “noi” del campo Morandi, perché la mamma aveva deciso di attendere il ritrovamento proprio seduta al nostro campo. “Voi siete gentili ed ospitali e qui le telecamere non le fate arrivare”.
Si, una delle policy dei campi Anpas è appunto la riservatezza degli “ospiti” per il rispetto della dignità umana, in situazioni dove si è subita una perdita materiale o fisica.
Durante il pomeriggio, dopo una riunione con il comitato regionale, si cambierà il piano comunicativo in modo tale da iniziare a raccontare l’impegno dei volontari Anpas durante la prima settimana di “campo Morandi”.
L’obiettivo principale di un “comunicatore” durante i campi di protezione civile (reali o simulazioni) è quello di raccontare l’impegno che i volontari mettono durante la permanenza al campo.
Raccontare la loro storia attraverso le foto o video è stupendo e risulta il premio più bello per il nostro compito all’interno del campo, in quel periodo.
Un sorriso genera sorriso. Ecco, quando riguardo i video mi capita questo. Non è quel sorriso dato dalla classica barzelletta, ma è quel sorriso introspettivo, quello fatto tra te e te, che ti fa capire veramente quanto sia bella questa grande famiglia che è il volontariato.