La relazione del Presidente nazionale Niccolò Mancini all’Assemblea nazionale Anpas 2025,

Cari Delegati e Delegate, Soci e Socie, Volontari e Volontarie,

benvenuti ed un ringraziamento sincero per la vostra importante presenza, per la strada che avete percorso per giungere a Senigallia e per l’aver dato priorità al trascorrere insieme questa giornata.

Ringrazio le istituzioni presenti che manifestano la loro vicinanza ad un movimento che si propone ogni giorno, da oltre 120 anni, di assistere le comunità territoriali, di costruire un tessuto sociale forte e solidale ed essere co-attori in quei processi di supporto e sostegno alle persone ed alle istituzioni che quelle comunità le costituiscono. 

Grazie a tutti i nostri ospiti, ai rappresentanti delle altre reti del volontariato Croce Rossa e Confederazione delle Misericordie che sono con noi oggi, testimoni di un legame che va oltre le singole storie identitarie dei nostri movimenti e chi ritrova sugli obiettivi che insieme perseguiamo ogni giorno. 

Grazie ai relatori Agostino Oliveri, Nicola De Rosa, Ilaria Ioannone e che ci offriranno, nel prosieguo della giornata, spunti di riflessione su temi importanti ed attualissimi per la gestione delle nostre associazioni. 

Grazie a coloro che si sono impegnati per l’organizzazione di questa assemblea e quindi al Comitato Anpas Marche ed alle associazioni marchigiane che ci ospitano, ai loro volontari e volontarie, allo staff della Segreteria Nazionale e del Comitato Regionale.

Grazie ai nostri volontari che, come sempre, stanno portando avanti le attività, proprio in questi momenti, ovunque nel nostro Paese.

Permettendomi una battuta. So che l’estensione dei miei interventi, in queste occasioni assembleari, spaventa alcuni di voi, ma quest’anno mi sono ripromesso di essere sintetico e condividere con Voi e concentrarmi esclusivamente su alcuni spunti di riflessioni che ritengo sostanziali e che auspico possano essere terreno fertile per coinvolgere ognuno di noi in un ampio dibattito sulla visione futura del Movimento, lasciando che il racconto di dettaglio delle azioni che la nostra Rete Nazionale ha portato avanti nell’anno 2024 emerga dalla lettura del Bilancio Sociale che è stato distribuito ad ognuno di Voi e che è aperto da un’ampia panoramica, da me redatta, e da contenuti analitici ai quali rimando.   

Vorrei quindi partire da qui, dalla visione che ognuno di noi ha circa la scelta di essere rete oggi. Perché essere Rete Nazionale, essere un Movimento unitario è una scelta per ognuno di noi, scelta valoriale, identitaria e di servizio reciproco sulla quale, ogni giorno, siamo chiamati a riflettere, ripercorrere e rendere viva all’interno di ogni nostra singola associazione.  

Il panorama sociale e culturale nel quale operiamo è cambiato e continua a farlo con un ritmo incalzante, molto più veloce e trasformativo di quanto avremmo mai potuto aspettarci.

Ci muoviamo in un contesto sociale e storico nel quale si acuiscono le differenze, la piramide demografica del nostro Paese è tipicamente quella dei cosiddetti paesi avanzati, poca natalità, popolazione che si colloca nelle fasce più avanzate di età; aumenta il divario tra le fasce più ricche e quelle meno abbienti, aumentano i poveri e quelli che entrano nelle fasce più a rischio di non poter mantenere un tenore di vita adeguato. 

Aumenta la conflittualità ed i conflitti a livello locale e globale; vacilla il senso di prospettiva circa il futuro (lo testimonia il forte flusso di giovani che emigrano pur con l’ambizione di poter tornare un giorno nel proprio paese, lo vediamo nella crescente volatilità del tempo dedicato alla partecipazione civile) ed emerge in maniera chiara un diffuso senso di sfiducia rispetto alle possibilità di far evolvere le nostre società verso modelli che siano capaci di offrire opportunità di crescita, emancipazione, integrazione, sostenibilità, sicurezza ed una serenità di vita che non sia solo basata sulla capacità di produrre reddito economico, ma su una sana e piena esistenza sociale.

In cosa si traducono queste evidenze? Aumenta la popolazione che ha necessità di accudimento, ma famiglie o individualità hanno meno possibilità di occuparsene, per motivi economici, di disponibilità di tempo e di reti di sostegno; aumenta la disaffezione all’impegno pubblico e alla partecipazione responsabile ai temi di interesse comune; gli investimenti in studi e professionalizzazione, una volta completati, si concentrano altrove; c’è un  deperimento della cultura del confronto costruttivo tra le parti sociali e della ricerca di soluzioni di sintesi e mediazione tra interessi e visioni differenti; si indeboliscono i diritti ed aumentano solitudine, rassegnazione, sfiducia nella capacità di progettazione, individualismo; crescono le difficoltà in tema di integrazione e di dialogo intergenerazionale; diminuiscono i servizi di prossimità per il cittadino e molto altro. 

Potremmo implementare questo elenco di fenomeni, cause e conseguenze, analizzando anche l’impatto sul mondo del volontariato, ma ho promesso sintesi e si tratta in fondo di tutte informazioni che noi ben conosciamo, ma che dobbiamo tenere costantemente presenti per indirizzare la visione, delle scelte gestionali, progettuali e di intervento delle nostre associazioni e della nostra associazione nazionale.  

Amiamo dell’essere pubbliche assistenze l’idea di trovarci in associazioni di frontiera, organizzazioni fatte da persone per le persone, alle quale potersi affacciare liberamente e nelle quali trovare non solo risposte a bisogni, ma relazioni e desiderio di costruire insieme contesti di vita e prospettive di vita migliori. Abbiamo scelto di esercitare le nostre attività attraverso processi democratici e trasparenti, abbiamo scelto di tenere aperte le porte e mostrare come le eterogeneità potessero convivere all’interno di una realtà associativa e fossero capaci di dialogare e costruire insieme cultura, salute, protezione, cura, accoglienza, integrazione, prossimità, di sfamare persone, di tenere insieme giovani e meno giovani di farli parlare e discutere, di farli crescere ed accompagnarli nei momenti felici, difficili e finali delle proprie vite, di costruire competenze, vocazioni professionali e molto altro. Abbiamo scelto di farlo ognuno sul proprio territorio, ma insieme. Lo abbiamo fatto per oltre 120 anni, insieme, fornendo risposte.

Queste risposte non si sono limitate esclusivamente al dare servizi di supporto, ma hanno contribuito alla costruzione di comunità, relazioni, crescita, progettualità, voglia di riportare ad un uditorio più ampio criticità sociali ed individuali delle quali era ed è necessario farsi carico. Hanno contribuito alla costruzione di sistemi complessi che oggi sono stati integrati nelle strutture organizzative dell’intervento pubblico.

Leggendo la lunga storia delle nostre associazione e del nostro movimento nazionale, leggendo oggi questo nostro Bilancio Sociale, che racconta quanto fatto nell’ultimo anno, così come è avvenuto per i precedenti, credo che a ognuno di noi sia chiaro che questo nostro contributo non può venire meno e siamo noi, oggi, che abbiamo la responsabilità di farlo, perché abbiamo scelto e compreso, come chi ci ha preceduto, che l’impatto generato è tale da rappresentare una risorsa troppo importante per la nostra società. 

La scelta di farlo insieme non è secondaria, ma è parte della visione, di una visione che non si limita a dichiarare che insieme garantiamo molti servizi ed attraverso la rete riceviamo molti servizi, ma che insieme è possibile stare e realizzare molto di più che nelle nostre singolarità. Non si tratta quindi di due livelli di intervento confliggenti o alterativi, si tratta di due opportunità di intervento che tutelano le identità associative, generando ed integrando un’identità ampia e condivisa. 

C’è un concetto che mi ha molto affascinato ultimamente, il concetto di One Health, introdotto al dibattito pubblico circa venti anni or sono dal veterinario William B. Karesh per sottolineare la necessità di un approccio integrato e congiunto in ambito epidemiologico tra salute degli esseri umani, fauna selvatica e domestica. Un’idea di sapere integrato e dialogante attraverso cui la comprensione dei problemi da affrontare, se affrontata in una logica collettiva ed integrata, giunge a risposte più accurate e che producono quindi effetti migliori in termini di sostenibilità, impatto delle scelte e quindi efficacia delle stesse.  

Ho trovato questo concetto molto affine ad alcune fondamenta dell’essere pubbliche assistenze e dell’essere associazione nazionale, ovvero che il benessere collettivo e sostenibile deve essere perseguito con consapevolezza dei problemi, delle risorse disponibili e dell’impatto delle azioni umane; la risoluzione del problema sta nel mettere insieme una ampia serie di competenze ed esperienze e farle dialogare sapendo che esiste una conoscenza sempre perfettibile, ma non perfetta, che può essere raggiunta solo se si lavora insieme ottenendo una visione di sistema. 

L’approccio collaborativo deve realizzarsi tra le persone e questo è ciò che avviene e deve avvenire nelle nostre organizzazioni e nella rete, la consapevolezza dei problemi è quella che ci portano le persone quando entrano nelle nostre organizzazioni chiedendoci risposte, sottoponendoci criticità, chiedendo aiuto, cercando una comunità, la visione ampia e di insieme che ci permette di ottenere la visione di sistema è quella che portiamo e ci scambiamo nella rete nazionale.  

Il nostro monitoraggio costante di questi fenomeni, l’opportunità e la necessità di riversarlo nella rete e quindi nelle occasioni d’incontro, nelle progettualità, negli interventi, il condividerlo all’interno delle nostre associazioni è un dovere che ogni dirigente e volontario porta con sé ed al quale oggi non si può venir meno. 

Le risorse disponibili sono prima di tutto le persone, i nostri volontari e volontarie che insieme nel tempo hanno permesso di creare strumenti concreti attraverso cui operare e proporre nuove progettualità; l’impatto è quello che vediamo tutti i giorni e che deve sempre crescere e diventare più profondo, le competenze sono quelle che contribuiamo ad accrescere attraverso la formazione delle persone che vivono la vita associativa locale e la rete, in modo da ampliarne il numero, rendere possibile la convivenza democratica, l’avvicendamento sereno nei ruoli, l’impegno nel tempo ed una sana e costruttiva vita di relazione dentro l’associazione e nelle nostre comunità.

Mi piacerebbe poter dire e far sapere che contribuiamo a costruire una one society, nella quale bisogni, relazioni e crescita dipendono dalla capacità di far dialogare le diversità, le persone, offrendo loro uno stile di vita partecipativo, collaborativo, integrato e sano.   

Insomma offrire speranza e prospettiva, credo sia questo il tema centrale per tutti noi, far appassionare ai grandi obiettivi che ci proponiamo sia la chiave per contrastare disaffezione, individualismo, carenza di partecipazione. Riuscire ad erogare i servizi di supporto che da sempre offriamo, ampliandoli e calandoli sulle nuove esigenze, ma farlo chiarendone il significato, a chi quei servizi li riceve e a coloro che ci aiutano a realizzarli, offrendo esperienze dentro le nostre organizzazioni che permettano quel dialogo costruttivo e quella qualità di relazioni che offre l’opportunità di sentirsi parte di un progetto di esistenza che va oltre l’individuo e non solo erogatori di servizi. 

Visione e concretezza di questo si tratta.

Per fare questo, credo che la dinamica di vita associativa e di rete debba basarsi su alcuni concetti chiave:

– facilitare la chiara comprensione e la rappresentazione, ai nostri volontari ed all’esterno, dell’identità valoriale e degli obiettivi delle nostre associazioni e quindi della rete nazionale.  Far maturare l’esperienza di avvicinamento al volontariato e di volontariato, radicandola prima sugli obiettivi di quei faticosi servizi che portiamo avanti, della formazione che necessaria rafforza l’impegno e la costanza nel tempo, dà senso alle azioni che si mettono in atto e per le quali si chiede impegno di formazione ed impegno operativo. 

La dimensione di associazione nazionale permette di rendere evidente la larga scala di condivisione delle idee e quindi il progetto di sistema ed offre strumenti che facilitano l’esperienza sul livello associativo. 

– Restituire un’esperienza di vita associativa inclusiva e partecipata a tutti i livelli che si curi del benessere dei volontari e dei soci e che permetta loro di vivere il processo partecipativo in maniera stimolante e quindi maturare l’idea che si può coniugare serenamente la dimensione della vita privata con quella dell’impegno verso la comunità. (si pensi al senso del progetto IMPACT ad esempio).

– Coinvolgere le persone attraverso lo scambio costante nell’operatività quotidiana e nei processi istituzionali di vita associativa cercando di cogliere e far esprimere ad ognuno il proprio contributo. È questo un tema che molto impatta i giovani, verso i quali abbiamo la responsabilità di mettere a disposizione strumenti che permettano loro di raccogliere l’impegno e la passione nella gestione associativa, affinché traccino il percorso delle nostre associazione nel tempo che verrà secondo la propria via, adeguandola ai contesti storici sempre mutevoli. 

– Investire nella partecipazione attiva agli eventi, anche non direttamente correlati al servizio operativo, dell’associazione e della rete nazionale, sia nell’ambito dello sviluppo delle competenze individuali, che della dimensione puramente relazionale. La rete nazionale come detto offre tante opportunità di crescita nello sviluppo delle competenze rispendibili nella vita associativa e nella vita privata che rafforzano il radicamento e la capacità di contribuire concretamente (un esempio fra tutti la Scuola Nazionale di Pubblica Assistenza, ma anche i Meeting, le assemblee, Conversazioni). 

– Stimolare il pensiero progettuale, condividere dati ed informazioni, stimolare approcci diversificati e che vadano incontro alle sensibilità degli individui creando percorsi che permettano di raccogliere disponibilità diverse da quelle tipiche e che quindi permettano nel tempo di sviluppare anche servizi di risposta nuovi in relazione a bisogni diversi. 

– Non aver paura nel diversificare i modelli d’intervento, sperimentare cercando di creare buone pratiche di risposta ai bisogni nuovi. 

– Condividere, dati, informazioni, progettualità che possano essere messe a beneficio comune delle associate. Un progetto diventa più forte se condiviso in maniera ampia, si migliora nel tempo e si specializza, costruisce impatto maggiore e raccoglie certamente maggiori riconoscimenti e risorse senza niente togliere al merito dell’idea originaria ed a chi l’ha progettata.

 – Comunicare insieme, che non significa non comunicare e rappresentarsi come singoli, ma significa ampliare la platea, testimoniare su larga scala, beneficiare di una più amplia platea di possibili interlocutori. Farlo attraverso i colori delle nostre divise, le livree dei nostri veicoli, essendo presenti. (Giornata nazionale delle Pubbliche Assistenze).

 – Rappresentare una seria e trasparente unitarietà d’intenti all’interno del movimento. 

Ci attende un altro anno denso di impegni, un altro anno nel quale le nostre comunità ed il nostro Paese avranno necessità del nostro supporto, del contributo di speranza, coraggio e visione che ogni volontario e volontarie potrà offrire all’interno delle nostre pubbliche assistenze. 

È ancora tempo di esserci.

È ancora tempo di scelte coraggiose.

È ancora tempo di rimboccare le maniche delle nostre divise.

È tempo di farlo insieme, ancora oggi, più che mai.

A voi tutti grazie!

È bello essere Anpas

Niccolò Mancini 

Presidente Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze

Anpas Senigallia Assemblea
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