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Italia sicura: Ora e sempre resilienza, Roma 3 luglio 2014. Anpas presenta la campagna Io non rischio

Si è svolta il 3 luglio a Roma, la giornata “Ora e sempre resilienza” organizzata la Struttura di Missione di Palazzo Chigi #italiasicura contro il dissesto idrogeologico, insieme al Dipartimento della Protezione Civile, all’Istituto Nazionale di Urbanistica, al Consiglio Nazionale dei Geologi e all’associazione Nazionale dei Comuni italiani, con la collaborazione dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio da Disastri. Un percorso di lavoro che, guardando alla resilienza delle comunità come obiettivo finale, promuova la necessaria sinergia tra le attività di prevenzione strutturale, le azioni di prevenzione di protezione civile e la diffusione di una vera consapevolezza dei rischi tra i cittadini.

Anpas, con Carmine Lizza, ha presentato la campagna #iononrischio. Hanno fatto parte della delegazione Anpas Egidio Pelagatti, Concetta Mattia, Egidio Ciancio e Sergio Giusti.


Io non rischio: Carmine Lizza (Anpas) ha presentato la campagna #iononrischio. 
Il lavoro fatto in questi anni dal volontariato, e in particolare dal volontariato Anpas, insieme al Dipartimento Nazionale, è stato quello di portare il cittadino e le comunità al centro del sistema di protezione civile: da L’Aquila in poi abbiamo immaginato un modus operandi nuovo che ha rivoluzionato il nostro modo di pensare la protezione civile. Stiamo lavorando affinché si riducano i nostri interventi in fase di emergenza, ma che aumentino quelli per fare prevenzione.

Ora e sempre ResilienzaNe sono una dimostrazione i nostri campi scuola: abbiamo iniziato nel 2008 con cento ragazzi e questa estate, dopo sette anni, avremo più di mille ragazzi per 38 campi scuola. in tutta Italia, dai monti della Valle d’Aosta all’isola di Stromboli in Sicilia. Siamo lavorando non sul nostro futuro, ma su quello delle generazioni future che ogni giorno che passa devono lavorare per ridurre il rischio. I primi corsi nei campi scuola riguardavano il saper fare dall’uso della manichetta al montaggio della tenda. Ora i nostri corsi riguardano prima di tutto la conoscenza del territorio e dei piani di protezione civile, sia per genitori che per bambini. In una parola:  prevenzione, con il cittadino al centro. Questo perché facendo un lavoro sulla prevenzione non strutturale, in automatico si farà prevenzione strutturata. Un cittadino informato e consapevole saprà fare prevenzione a partire dalla propria abitazione, si avvarrà dell’apporto professionale di qualità, non adeguerà la sua casa con il solo scopo del ribasso sui prezzi  e sulla sicurezza. E il volontariato è quello strumento di mediazione virtuosa tra comunità scientifica, istituzioni e singolo cittadino.

 

Per questo abbiamo dapprima immaginato, poi condiviso e infine messo in piazza la campagna Io non rischio: una campagna multirischio che dal 2011 al 2014 ha coinvolto 314 Comuni, che ha formato 5300 volontari di protezione civile nelle sezioni locali di 21 diverse organizzazioni nazionali, associazioni regionali e gruppi comunali e che ha permesso di parlare nelle piazze a poco meno di un milione di persone.

 

Protagonisti sono quindi i cittadini attivi che, nell’interesse generale, si assumono la responsabilità di essere custodi e prendersi cura dei beni comuni rispondono in pieno ai principi costituzionali (Artt. 2 e 4 della Costituzione).

 

Come abbiamo avuto modo di ribadire tanto alla Camera dei Deputati nel corso dell’audizione per la riforma della Protezione Civile, quanto in ogni singola comunità dove è presente una pubblica assistenza Anpas, in emergenza l’intervento fatto dall’esterno è inversamente proporzionale alla capacità di resilienza: è questo un modello Anpas: un modello  che, costruito e sperimentato con il DPC, ha portato a percorsi  virtuosi e, soprattutto, ad un nuovo modo di pensare tutta la protezione civile. Da anni promuoviamo ormai la cultura della protezione civile e della difesa del territorio, dall’autoprotezione e dall’altra dalla manutenzione del territorio e della mitigazione degli effetti. È necessario che parte dei fondi ordinari vengano impiegati per effettuale una ricognizione puntuale dello stato di manutenzione delle opere idrauliche presenti. Come geologo posso affermare che la protezione civile è un servizio per la collettività dove le professionalità e le specificità che ne sono presenti consentono di avere una funzione pubblica che tutela l’integrità della vita delle persone, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai pericoli o dai danni. In situazioni di emergenza si dovrebbe procedere in una prospettiva sistemica, dove la natura e l’estensione dell’evento calamitoso vengano gestite in virtù della capacità di risposta e reazione del territorio colpito, in ragione cioè del livello di resilienza della comunità interessata.

 

Ora e sempre Resilienza

Insieme al Dipartimento di Protezione civile abbiamo immaginato un sistema formativo “a cascata”, dove ogni volontario finita la formazione con un percorso formativo intensivo di 6 giorni a Roma su tutta la campagna, andava poi a formare a sua volta altri volontari e così via. Quest’anno avremo circa 250 piazze nuove e 2500 volontari nuovi formati 

 

  
A nome di Anpas, infine, non posso che ringraziare il Capo Dipartimento Fabrizio Curcio che sta continuando a credere e in questa idea e, non per ultimo, portare le congratulazioni per il riconoscimento ricevuto da Franco Gabrielli come “CHAMPION OF DISASTER RISK REDUCTION”. Il nostro obiettivi è che un giorno si possa arrivare a dare questo riconoscimento a tutti i cittadini italiani e, da parte dei 90mila volontari Anpas, posso dire che ce la metteremo tutta.

 

 

 

 

 

 

 

Appunti di resilienza: il videodoc di Anpas con Alessandro Bergonzoni, Maino Benatti (sindaco di Mirandola) e Marco Mucciarelli (sismologo)



 


 

Background

Nel dibattito, europeo e internazionale, si discute sempre più sulla necessità di rendere le nostre città “resilienti”. Per resilienza si intende l’insieme delle caratteristiche che rendono le città capaci di adattarsi ad agenti esterni più o meno prevedibili (tsunami, terremoti, alluvioni, per citarne alcuni) e, attraverso una pianificazione strategica anche dello sviluppo urbano, di affrontare con efficacia gli eventi calamitosi, di superarli e di uscirne rafforzata o addirittura trasformata.


A fronte della gravità dei fenomeni, sono numerose le iniziative che, in ambito internazionale,  europeo e italiano, sono state intraprese, sia promuovendo interventi strutturali per contrastare i futuri impatti del cambiamento climatico in atto, sia sensibilizzando le istituzioni locali e i cittadini affinché si riesca a diffondere quanto più possibile una matura cultura della prevenzione.
Conoscere e mitigare i rischi è, quindi, una delle principali sfide che le città sono oggi chiamate ad affrontare per garantire un ambiente urbano sostenibile per i propri cittadini.

L’Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio da Disastri (UNISDR), nel maggio 2010 ha lanciato la campagna mondiale “Making Cities Resilient: My City is Getting Ready” – sottoscritta in Italia da oltre 150 Comuni – volta proprio a sollecitare le istituzioni nel compiere scelte di governo che accrescano la preparazione delle proprie comunità ad affrontare adeguatamente eventuali eventi calamitosi. 

Sono, dunque, tre i pilastri sui quali devono lavorare le comunità che vogliono dirsi resilienti:

– gli interventi strutturali per mitigare i rischi, interventi che devono essere oculatamente progettati e correttamente inseriti nel contesto urbanistico;

– la definizione e l’aggiornamento costante delle pianificazioni territoriali, strumenti preziosi nel governo del territorio, ancora di più se condivisi con la popolazione;

– l’educazione dei cittadini al concetto di rischio accettabile e alla diffusione dei più corretti comportamenti da mettere in atto, nelle diverse situazioni, per tutelare la propria vita e quella dei propri cari.

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