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“Sono un soccorritore”, il racconto di un intervento di primo soccorso
Arrivi sul luogo di intervento e intorno a te vedi le lacrime. Ti accorgi subito che da te la gente si aspetta quel miracolo che tu non puoi di certo concedere, ma ti inginocchi accanto a quel corpo e inizi a fare del tuo meglio e con tutte le forze che hai schiacci forte le tue mani su quel petto. Comprimi quel pallone tra le tue mani come se quel gesto da solo possa bastare ad alimentare una vita così come un soffio di vento fa divampare un incendio nel bosco. Quando premi quel pulsante, la scarica che emana la senti come un brivido lungo la tua schiena.
Sei lì e nella tua testa ripeti “Resta qui, non te ne andare adesso” e mentre la tua fronte inizia a brillare di sudore, spingendo sempre più forte, quasi a voler sentire quel cuore tra le tue mani, speri che i tuoi sforzi possano non essere vani. Sei il primo ad arrivare, il primo ad intervenire, il primo a dover prendere decisioni… E hai sempre paura di non aver fatto abbastanza. Ma poi succede, raramente ma succede, che ti arriva un messaggio di ringraziamento, perchè quel cuore ha ripreso a battere e quella persona è tornata a vivere.
Hai dato ai medici la possibilità di dare anche loro il meglio di sé. Tu hai contribuito a ridare la vita. È in quel momento che capisci che fai il lavoro più bello del mondo. Alzi lo sguardo e ti accorgi di essere un privilegiato, quando vedi accanto a te quei due ragazzi di vent’anni, che fanno esattamente quello che stai facendo tu, rubando tempo alla propria giovinezza, e lo fanno gratuitamente. È questa la forza del volontariato, la grandezza dell’uomo che si dona senza aspettarsi nulla in cambio.
Nessuna moneta potrà mai comprare quello che si prova a reincontrare lo sguardo di quella persona. Faccio il mestiere più bello del mondo: sono un soccorritore, e ne sono fiero.
-Elia Paolucci, pubblica assistenza Croce Verde Morrovalle Montecosaro