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Il percorso della sicurezza per i volontari di protezione civile
Con il Decreto del Capo Dipartimento della Protezione Civile del 12 gennaio 2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 6 aprile 2012, è stato completato l’iter per la definizione delle attività che le Organizzazioni di volontariato dovranno attuare per garantire la sicurezza dei volontari di protezione civile.
Tali disposizioni non cambiano le norme previste per i lavoratori dipendenti delle associazioni (ai quali si applica in pieno il Decreto 81/08), né quelle per i volontari ed i giovani in servizio civile durante lo svolgimento dell’attività “ordinaria” (in questo caso si continuano ad applicare le disposizioni relative ai lavoratori autonomi di cui all’art. 21 del Decreto 81/08), ma interessano solo i volontari durante l’attività di protezione civile.
Lo stesso Decreto 81 aveva infatti rinviato ad un successivo provvedimento la definizione delle misure da applicare in merito alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per le attività di volontariato di protezione civile.
Il decreto interministeriale del 13 aprile 2011 aveva poi provveduto a fissare i princìpi basilari di tali misure. In particolare, sempre riferendosi alla protezione civile, il decreto aveva equiparato il volontario ad un lavoratore dipendente per le attività di formazione, informazione, addestramento, controllo sanitario, sorveglianza sanitaria e dotazione dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Il decreto stabiliva anche che ciascuna organizzazione di protezione civile, con il supporto delle Pubbliche Amministrazioni, ha la responsabilità di definire un proprio piano formativo ed addestrativo che dia risalto ai temi della sicurezza, e dava particolare rilievo alla cura della salute dei volontari prevedendo il controllo e la sorveglianza sanitaria.
Il decreto del 12 gennaio 2012, elaborato da un gruppo di lavoro della Consulta Nazionale del Volontariato di Protezione Civile (uno dei componenti era il consulente dell’Anpas sulla materia, Nicola De Rosa) ed approvato dalla Conferenza delle Regioni, ha definito infine le misure organizzative finalizzate a consentire la sorveglianza sanitaria nei casi necessari, senza oneri a carico delle associazioni e dei volontari.
Più volte abbiamo espresso la visione dell’Anpas su questo tema: garantire la sicurezza dei volontari e dei lavoratori che operano nelle nostre associazioni, ma evitando appesantimenti burocratici e sanzionatori insostenibili.
Con piacere pertanto prendiamo atto che il Dipartimento di Protezione Civile, oltre ad aver concertato con il Volontariato la definizione del decreto, ha più volte sottolineato che la sicurezza non deve essere intesa come l’adempimento di una procedura burocratica, ma come un processo continuo finalizzato a tutelare i volontari nelle loro attività di protezione civile.
Invitiamo le associazioni ad avviare tale processo nei confronti dei volontari di protezione civile.
Contestualmente la definizione di questo decreto ci spinge a riflettere seriamente su come avviare un processo simile per tutelare maggiormente la salute e la sicurezza anche a tutti gli altri volontari (indipendentemente da quanto previsto dal Decreto 81).
Vi informiamo inoltre che l’Anpas sta valutando la prossima realizzazione di strumenti informativi (con un aggiornamento del contenuto del CD “Volontariamente sicuri”) e formativi (piattaforma FAD) per supportare le associazioni.
Sul sito trovate anche una definizione del quadro normativo, i testi dei tre decreti e le “Dieci linee di lavoro (più una)” che sono una specie di vademecum predisposto dal Dipartimento Protezione Civile. I quattro allegati che trovate citati in quest’ultimo documento sono gli allegati al decreto 12 gennaio 2012. Sempre sul sito trovate la versione integrale dei quattro allegati.
Allegato 1: Vengono definiti gli scenari di rischio ed i compiti svolti dai volontari raggruppandoli in categorie minime di base. Questo allegato serve per capire quali sono gli scenari di rischio individuati per le attività di protezione civile e quindi poter proseguire – incrociando le attività svolte da ogni singolo volontario con le categorie minime di base – all’individuazione di percorsi di formazione o addestramento interno all’associazione ed agli aggiornamenti periodici.
Allegato 2: Viene ribadita la necessità di dotare i volontari degli specifici Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) richiesti sulla base delle attività che questi svolgono. Viene anche definita la necessità di inserire nei percorsi formativi uno specifico spazio dedicato alle tematiche della sicurezza, provvedendo ad attestare in maniera certa i percorsi formativi seguiti. I percorsi formativi devono essere certificati dalle associazioni, avendo cura di allegare al registro dei partecipanti ai corsi il programma degli argomenti trattati prevedendo la definizione di specifici spazi dedicati alle tematiche della sicurezza. I volontari devono essere dotati di DPI specifici per le attività che svolgono. Per quanto riguarda i supporti richiamati anche al punto 6. del “Dieci linee di lavoro (più una)” entro ottobre 2012 dovrebbero essere emanati i criteri di massima per la definizione degli standard minimi.
Allegato 3: Si tratta l’attività di controllo sanitario dei volontari indicandone finalità, contenuti, periodicità e procedure. Rispetto a questi aspetti è bene segnalare che l’attestazione del medico, a prescindere dall’esito della visita, non conterrà dati personali sanitari e quindi per la conservazione non sono richiesti all’associazione adempimenti diversi rispetto a quelli previsti per le generalità dei dati personali comuni.
Allegato 4: In questo allegato si tratta la sorveglianza sanitaria e vengono definite le soglie di esposizione agli agenti di rischio basate sulle ore o giornate di attività dei volontari. La sorveglianza sanitaria non prevede oneri per le organizzazioni di volontariato. E’ importante prevedere sistemi di rilevazione delle attività orarie svolte dai volontari.