Pubblichiamo la lettera di risposta di Anpas all’articolo comparso sul quotidiano “La Stampa” del 4 gennaio 2015, dal titolo “Lavorare il meno possibile? Ecco come si fa.

Protezione civile: Se i volontari sono lavoratori furbetti e l’intervento su una emergenza è uno strumento per assenteisti.

DagheZena: 15 ottobre

 

Egregio Direttore Calabresi
le scrivo a nome degli 80mila volontari che in 881 comunità d’Italia si occupano del miglioramento della vita quotidiana delle persone ogni giorno. Persone che dedicano la loro passione, il loro tempo libero e che spesso ne tolgono alle loro famiglie per il bene delle loro comunità e della nazione di cui fanno parte

Una premessa che poteva essere evitata visto che una testata giornalistica come la Stampa da anni racconta quel che accade in Italia ogni giorno, ma è doverosa per chiederle perché un giornale apprezzato e autorevole, come quello che dirige, possa scrivere un articolo come quello comparso nella edizione di del 4 gennaio a firma Paolo Baroni nel quale si scrive che i volontari di protezione civile, in quel caso del CNSAS siano portati a “lavorare il meno possibile e allo stesso è permesso di restare a casa e intascare regolarmente lo stipendio”. 
Da un giornale come il suo ci saremmo aspettati un metodo giornalistico più  rigoroso nello scrivere un articolo su un tema così importante e delicato nel quale però viene a mancare ciò che di più apprezziamo nel suo giornale: la capacità di essere preciso e di non generalizzare un fatto, la lungimiranza di analizzarli attraverso l’uso delle nuove tecnologie e lo studio e la produzione dei big data.

 

Una generalizzazione che reputiamo ingiusta, prima ancora che grave, quella fatta ai volontari CNSAS (ai quali va tutta la nostra solidarietà). Nell’articolo si afferma che “un’altra legge consente ai volontari della protezione civile di assentarsi anche per 10 giorni consecutivi (massimo 30 giorni in un anno) per effettuare simulazioni e formazione ed in caso di calamità concede 30 giorni consecutivi con un tetto di 90 in un anno”, a parte non citare la legge, l’articolo non menziona la norma (DPR 194/2001) che all’articolo 9 sottolinea che che il datore di lavoro è tenuto (e non obbligato) a consentire la partecipazione dei volontari delle organizzazioni di protezione civile alle attività di esercitazione/soccorso. Questa disposizione, secondo l’articolo, è considerato uno “strumento per evitare di presentarsi al lavoro”.

Inoltre viene tenuto conto dell’importanza delle esercitazioni di soccorso e di protezione civile, fermo restando che non tutte le esercitazioni di protezione civile sono soggette a questa norma. La preparazione, la formazione alla quale si sottopongono regolamente i volontari di protezione civile sono poi propedeutiche alla riuscita dell’intervento quando c’è davvero bisogno in occasione di terremoti, alluvioni e altre emergenze di carattere locale o nazionale. Eventi che si ripetono sempre più spesso e che sempre più spesso vedono coinvolti i volontari di protezione civile.

 

Invitiamo pertanto lei e il signor Baroni in una delle tante esercitazioni che i volontari di protezione civile fanno in tutta Italia, a conoscere almeno un volontario di protezione civile e magari sentire una delle storie di soccorso o un intervento fatto in una delle emergenze alle quali ha preso parte

Saluti
Fabrizio Pregliasco, presidente Anpas Nazionale.

 

Croce Bianca Genovese


 

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