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Psicologi Anpas: Gestire eventi stressanti all’interno della famiglia

Decentrare e spostare l’attenzione sull’altro e sui suoi bisogni: gli psicolgi Anpas sulla gestione degli eventi stressanti all’interno della famiglia

Jarmila Chylova, psicologa Anpas, spiega: le situazioni straordinarie a cui ci dobbiamo adattare richiedono anche uno sforzo e un impegno straordinario. In questi casi occorre impegnarci ancora di più con l’empatia, comprensione e tolleranza sospendendo il pensiero centrato solo su sè stessi. Occorre decentrare e spostare l’attenzione sull’altro e sui suoi bisogni.

Coronavirus: l'intervento Anpas

Famiglia e stress: un binomio particolare a cui non si tende a pensare. Si dà per scontato che la coppia o la famiglia sono luoghi d’affetto e d’amore per eccellenza e
perciò è difficile pensarli in collegamento allo stress. Ogni coppia, ogni nucleo familiare funzionante tende a creare e a mantenere un suo equilibrio nella sua quotidianità. Quell’equilibrio è fatto da punti fermi della routine e delle regole.

Ma l’elemento più importante è il legame affettivo. I momenti di particolare stress e di crisi possono destabilizzare l’equilibrio di questo sistema e sta alla coppia di ricrearlo, trovando nuovi punti di riferimento e di forza usando l’empatia, comprensione, tolleranza. Questo richiede un notevole impegno da parte di tutti i membri della coppia o della famiglia.

In realtà, quali sono le situazioni legate allo stress quando parliamo di contesto familiare? La coppia o la famiglia non è statica, ma dinamica e la vita evolvendo ci chiede di adattarci e riadattarci ai nuovi sviluppi. Così spesso siamo sottoposti alle notevoli situazioni stressanti che sono implicate in qualsiasi cambiamento, come ad esempio la nascita di un figlio, il cambio della casa, il cambio del lavoro, una malattia grave di uno dei coniugi o dei parenti più stretti, ma anche per una situazione di emergenza come quella della quarantena per un’epidemia. Una situazione con cui tutti stiamo facendo esperienza di recente.

La percezione della gravità della situazione è molto soggettiva e dipende da diversi fattori, tra cui la durata dell’evento stressante. Così succede che laddove la coppia era già fragile, un evento di questo tipo, prolungato nel tempo la può mettere a dura prova e addirittura la può far saltare. Invece anche laddove ci fosse stata una certa conflittualità, se però la coppia dispone di un buon legame affettivo di base, nel momento di difficoltà può trovare maggiore coesione ritrovando affetti veri.

In quale modo si possono affrontare le situazioni di stress all’interno della famiglia? Noi dobbiamo ricordarci che le situazioni straordinarie a cui ci dobbiamo adattare richiedono anche uno sforzo e un impegno straordinario. In questi casi occorre impegnarci ancora di più con l’empatia, comprensione e tolleranza sospendendo il pensiero centrato solo su sè stessi e occorre lasciar guidare i nostri comportamenti da una maggiore dose di altruismo.  Laddove negli atteggiamenti prevale il focus sui propri interessi, la competizione può portare al fallimento del legame.

Come possiamo pensare di affrontare le situazioni stressanti nella famiglia o nella coppia in concreto?
In realtà la centratura su sè stessi nei momenti di difficoltà e di fatica è normale che ci sia. A volte siamo portati inconsciamente a comportarci come se il partner dovesse compensare quel bisogno che l’evento stressante ha creato. Invece la soluzione più funzionale è proprio agire nel senso opposto, provando a decentrare e spostare l’attenzione sull’altro e sui suoi bisogni. Sembra una cosa innaturale e paradossale, ma è proprio quell’atteggiamento che aiuta a ricreare un circolo virtuoso all’interno della coppia, quel guardare il partner non come qualcuno con cui competere, ma come qualcuno con cui comunicare. Così si può riscoprire l’importanza dei propri valori e di affetti veri ed a ritrovare l’equilibrio che si è rischiato di perdere.

Jarmila Chylova, psicologa Anpas

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Psicologi Anpas: Cosa vuol dire “proteggersi per proteggere gli altri”

Proteggersi per proteggere gli altri: gli psicolgi Anpas sul significato di Protezione

Antonella Chibelli , psicologa Anpas, spiega: Proteggersi per proteggere gli altri è un incoraggiamento fatto a volontari che lottano ogni giorno
per il benessere della collettività. 

Uno dei significati più profondi che si può attribuire alla parola “VOLONTARI” è proteggere. Da quando siamo stati catapultati nell’emergenza “Covid-19”, senza esitare, gli operatori hanno preparato la loro valigia colma di coraggio, impegno, senso del sacrificio, umanità, competenza, dispositivi per proteggere e proteggersi.

L'assistenza dei volontari Anpas

I volontari fanno i conti con la propria e l’altrui paura, con la propria e l’altrui rabbia, con l’incertezza, a volte con la solitudine, tutte emozioni naturali che si hanno il diritto di provare ma non è sempre facile contenere in sé e negli altri. Inoltre la capacità di adattamento e l’essere flessibili a cui già erano abituati sono diventati un allenamento quotidiano.

Dietro le mascherine, dentro le “armature” per proteggere sé e i propri cari da eventuali contagi, batte forte il cuore dei volontari e, come ho potuto sperimentare nei colloqui effettuati nell’ambito dello sportello di consulenza psicologica Anpas, oltre il senso del dovere emerge un grande desiderio di accudire e preservare i pazienti fisicamente ma anche umanamente. È importante per gli operatori infatti, oltre adottare tutte le procedure sanitarie previste, anche accompagnare, spiegare ai pazienti e ai loro familiari quanto sta accadendo nel mezzo di un soccorso o di un ricovero legato al Covid-19.

L’idea che i pazienti siano esposti a sofferenza, preoccupazione, angoscia spinge i volontari a conferire dignità, a proteggere con un calore ricco di professionalità, rispetto, empatia, riconoscimento dell’altro.

Ci sono costi emotivi nel far coincidere competenze sanitarie con la sensibilità, capacità di ascolto e solidarietà? Certo, perché la corazza che molti suggeriscono di costruire per proteggersi dalle emozioni negative non solo rischia di soffocare e non gioire per le esperienze positive, ma non permette di trasmettere i valori che guidano i volontari.
Il suggerimento è prendersi cura di sé per poter prendersi cura degli altri.

Nella quotidianità frenetica che assale gli operatori sanitari, è importante fermarsi, prendersi uno spazio per confrontarsi con la propria stanchezza, cercare ascolto e conforto nell’altro senza per questo sentirsi deboli.

La vera forza sta nel saper riconoscere i propri bisogni e anche chiedere aiuto se necessario, ai propri cari senza paura di sopraffarli, ai colleghi e anche al servizio di
consulenza messo a disposizione da Anpas.

È utile conoscere se stessi, essere consapevoli di aver in alcuni momenti bisogno di ricaricare le batterie, nutrire e liberarsi da quello che pesa.

Proteggersi per proteggere gli altri è un incoraggiamento fatto a volontari che lottano ogni giorno per il benessere della collettività. 
Antonella Chibelli Psicologa Psicoterapeuta Psicologa emergenza Anpas

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Psicologi Anpas: il sorriso che dobbiamo riprenderci

Ad un tratto la nostra comunicazione si è impoverita: gli psicolgi Anpas sull’importanza del sorriso

Jarmila Chylova , psicologa Anpas, spiega: “La comunicazione non verbale è composta dalla prossemica, dalla mimica, dai gesti e movimenti del corpo, contatto visivo, tatto, apparenza fisica, espressione del volto e ecologia comunicativa”.

Il più grande colpo il corona virus lo ha inferto alla socialità. L’uomo è un essere sociale. Il suo funzionamento naturale è in mezzo agli altri esseri umani. La nostra vita è costituita da diversi contesti sociali, come ad esempio quello familiare, lavorativo, scolastico, sportivo, quello delle amicizie, club, chiesa, ristoranti. L’epidemia è piombata nella vita delle masse in modo brusco e prepotente.

Da un giorno all’altro abbiamo dovuto “restringere il nostro mondo” solo o prevalentemente alle mura domestiche. Ad un certo punto ci ha privati dei contatti con diverse persone che in un modo più o meno regolare fanno parte della nostra vita. Ma quali vissuti genera questa condizione?

Isolamento
Il divieto di uscire, se non per motivi di necessità come il lavoro o per fare la spesa di alimentari o in farmacia ci ha isolati dagli altri. Non potendo uscire liberamente, ne frequentare gli altri, molte persone provano un senso di costrizione, quasi la stessa come quella che provano i detenuti nelle carceri.

SOS_Lambrate

Solitudine
Molte persone che vivono sole provano più acuito il senso di solitudine. In questa situazione sono particolarmente svantaggiati. Soprattutto chi è più anziano e non ha la stessa dimestichezza con le reti sociali online come i più giovani. Rimanere a casa da soli e non poter andare nei circoli o nei parchi oppure nei centri diurni, dove si potevano incontrare gli altri, diventa difficile. Ma la solitudine si presenta in modo ancora più drammatico nel momento in cui si è ricoverati per la diagnosi da corona virus e soprattutto quando si muore per la stessa diagnosi.

Paura del contatto
La paura del contagio si è diffusa ovunque e ha generato stati d’ansia in diverse persone. L’oggetto della paura è il contagio da virus e di conseguenza ogni sua possibile trasmissione. Ad un certo punto abbiamo cominciato ad avere paura gli uni degli altri. Abbiamo dovuto cominciare a proteggerci con i dispositivi come mascherine e guanti. Ma neanche questo è sufficiente per farci stare tranquilli di fronte a questo nemico invisibile che come tale non si può mai essere certi di dove ci può attaccare. Gli amici e i vicini hanno cominciato ad evitarsi per la strada o dentro i condomini. Abbiamo cominciato a guardare gli altri in modo diffidente. Da un momento all’altro abbiamo eliminato dai nostri comportamenti quello che contribuisce di più al nostro benessere, la vicinanza fisica, la stretta di mano, il calore di un abbraccio, la gioia di un sorriso.

Ad un tratto la nostra comunicazione si è impoverita. La comunicazione umana è costituita soltanto da 7% di comunicazione verbale mentre il resto è la comunicazione non verbale. La comunicazione non verbale è composta dalla prossemica, dalla mimica, dai gesti e movimenti del corpo, contatto visivo, tatto, apparenza fisica, espressione del volto e ecologia comunicativa.

La lettura delle espressioni facciali è uno degli strumenti molto importanti nella comunicazione. Riconoscere il significato psicologico delle microespressioni facciali serve per comprendere meglio l’altro e per adattare meglio il nostro comportamento. Dietro la mimica facciale si nascondono importanti messaggi psicologici. Secondo il FACS (Facial Ection Coding Sistem) ideato da Ekman e Friesen, esistono 44 unità di azioni (Action Unit) che caratterizzano il volto umano. Leggere le
espressioni facciali ci aiuta soprattutto:

  • Riconoscere le reali intenzioni dell’altro;
  • Riconoscere aspetti della personalità;
  • Comprendere le emozioni dell’altro e di conseguenza prevedere i suoi comportamenti;
  • Avere la consapevolezza dell’esternalizzazione delle proprie emozioni.

Secondo il FACS il volto è diviso in tre parti per creare una mappa, Fronte e ciglia, Palpebre e radice del naso e la parte inferiore come naso, bocca, mento. Nel momento in cui metà del viso viene coperta dalla mascherina, leggere le espressioni facciali diventa molto difficile, se non impossibile. Così difficilmente possiamo cogliere l’umore degli altri, il loro atteggiamento nei nostri confronti e le loro emozioni.
Il virus ci ha rubato il sorriso.

di Jarmila Chylova, psicologa Anpas

Bibliografia
 Ekman, P., 2003, Te lo leggo in faccia, Edizioni Arita Gioveno, Torino;
 Ekman, P., 2017, I volti della menzogna, Giunti, Firenze;
 Ekman, P., Firesen, Walace, V., 2017, Giù la maschera, Giunti, Firenze;
 Rimè,, La dimensione sociale delle emozioni, Mulino, Bologna;
 Watzlavick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D., 1971, Pragmatica della comunicazione umana, Casa Editrice Astrolabio, Roma.

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Psicologi Anpas: nella fase due non si deve sottovalutare l’impatto psicologico dell’emergenza sui soccorritori

“A differenza con le altre emergenze, questo evento critico si protrae invadendo la zona della ripresa”: l’impatto psicologico dell’emergenza sui soccorritori.

Simona Ius, responsabile psicologia dell’emergenza Anpas.  “questo primo, ma non totale, allentamento potrebbe essere terreno per la manifestazione dell’affaticamento psicologico sperimentato fin qui”.

 

Ogni emergenza conosce diverse fasi di reazione tipiche: dopo l’impatto con l’evento catastrofico ed un primo momento critico, segue una fase di reazione positiva (honeymoon) di percezione di autoefficacia, di possibilità di gestire gli eventi a cui segue disillusione e crisi e, infine, una ripresa più lenta e realistica.

Coronavirus: l'intervento Anpas

Possiamo ravvedere anche in quest’emergenza le stesse fasi? La prima differenza fondamentale è che l’evento critico non è un momento puntiforme sulla linea del tempo (il sisma, l’alluvione, l’incidente…) si protrae invadendo la zona della ripresa. Inoltre tutti abbiamo iniziato il lockdown immaginando il momento festoso in cui saremmo usciti di nuovo a riprende attività lavorative e sociali, ben presto ci siamo resi conto che sarebbe stata necessaria una gradualità faticosa e pesante. Si è spesso raccomandato di non fare paragoni bellici con il virus e, infatti, non avremo un evento puntiforme come un armistizio a dirci che potremo ricostruire la normalità.

Altro tassello rilevante di questo scenario anomalo: siamo tutti coinvolti in questa emergenza, chi soccorre non può mai del tutto distanziarsi dal contesto in cui opera, anche psicologicamente non potremo mai rivolgerci a specialisti che non stiano loro stessi accusando la tensione dell’isolamento e la preoccupazione per sé o i propri cari.

I volontari e i sanitari hanno dovuto reggere un carico fisico ed emotivo imponente in questi ultimi mesi. Alcuni hanno offerto il loro servizio di soccorritori con turni più frequenti o più lunghi del solito, molti sono stati preoccupati di non mettere a rischio i propri cari rientrando in casa (“Quella divisa sempre in lavatrice!”). C’è chi ha paragonato la presenza nella sede associativa con l’essere al campo di emergenza (“Finché sei lì, prevale l’impegno, l’adrenalina”). Più di una richiesta, tra quelle ricevute dagli psicologi dell’emergenza a disposizione con lo sportello Skype, è venuta da responsabili e caposquadra preoccupati contemporaneamente per i servizi da prestare alla popolazione e per i volontari occupati in essi. Tutti patiscono l’ingombro dei DPI e la difficoltà di comunicare empaticamente dietro mascherine e occhiali. I guanti li hanno sempre tenuti, ma anche una carezza sembra diventata più difficile.

Volontari impegnati nell’assistenza alla popolazione con consegna di pacchi alimentari, soccorritori, sanitari hanno già sostenuto una forte pressione emotiva da febbraio a oggi e questo primo, ma non totale, allentamento potrebbe essere terreno per la manifestazione dell’affaticamento psicologico sperimentato fin qui.

Anche senza scomodare le categorie cliniche dello stress postraumatico o del disturbo di adattamento, si deve prestare grande attenzione alla condizione psicoemotiva di ciascuno. Il vissuto che ognuno sperimenta e l’intensità dell’emozione associata sono massimamente soggettivi e per questo richiedono costante cura e rispetto. Questa fase 2 potrebbe essere più impegnativa sul piano emotivo della precedente.

– Simona Ius

 

Per i soccorritori e i sanitari che in questo momento di allentamento misto a tensione e attesa voglio chiedere consiglio, gli psicologi dell’emergenza Anpas sono a disposizione:
Skype: Psicologi Emergenza Anpas
Telefono: 05578765280
lunedì e giovedì 10:00 – 13:00,
martedì e venerdì 15:00 – 18:00,
mercoledì e sabato 20:00 – 23:00,
domenica 18:00 – 21:00
Email: consulenzapsicologica@anpas.org
Compilazione questionario proqol al link: https://forms.gle/ChLKony6VsUbrcho6

 

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Psicologi Anpas: le strategie per far fronte all’emergenza

“Operare in emergenza significa saper fare ciò che tecnicamente può aiutare chi è in crisi, ma anche darsi agli altri nella propria vulnerabilità”.

L’approfondimento di Gilda Pepe, psicologa Anpas 

Croce Verde Porte

Operare in emergenza significa saper fare ciò che tecnicamente può aiutare chi è in crisi, ma anche darsi agli altri nella propria vulnerabilità.

Essere immersi nell’emergenza, può generare sentimenti di soddisfazione, benessere, sicurezza di sé, strettamente connessi al sentirsi utili, ma altrettanto alimentare sensazioni di delusione, frustrazione, rabbia, impotenza e ad identificarsi con la sofferenza delle persone incontrate (assistiti, vittime, parenti, …).

Chiunque abbia vissuto un’esperienza critica, ha sperimentato la difficoltà di governare le emozioni, affrontandole attraverso strategie comportamentali e strumenti cognitivi.

In altre parole, mettendo in atto strategie di coping, dall’inglese to cope (fare fronte).

Il coping è l’insieme delle attività operative e processi psicologici, che mirano a contenere reazioni emozionali negative, riducendo il rischio di danni, indotti da eventi stressanti.

Facciamo qualche esempio. Confidarsi e confrontarsi con i colleghi favorisce uno scambio immediato di idee, emozioni, sentimenti,
avvertiti ed emersi nel corso delle attività di assistenza e soccorso. Dedicare un momento, chiamato defusing, alla riflessione di gruppo.

In particolar modo dopo un intervento critico o impegnativo, assegniamo un nome alla fonte dello stress, apriamoci ai componenti della squadra, evitando di salutarsi con la sensazione che qualcosa sia rimasto in sospeso e che sia il solo/la sola ad aver provato una certa emozione.
Scrivere un diario in cui trascriviamo cosa abbiamo visto, cosa abbiamo provato, le frasi significative. Il diario raccoglie ciò che inevitabilmente potrebbe sfuggire e assolve il ruolo di memoria storica, mediante la quale acquistare consapevolezza delle proprie paure, delle potenzialità e degli apprendimenti derivanti dall’emergenza.

Un diario scritto sotto forma cartacea o digitale, in solitaria o di gruppo, essenza del momento che stiamo vivendo e che sfoglieremo, quando questa emergenza sarà più lontana.

Rivolgersi a personale competente in psicologia dell’emergenza.

Se vuoi porre quesiti sul tuo stato, se sei preoccupato per un compagno di squadra, se nutri dei dubbi sulla situazione attuale o per altri temi, puoi rivolgerti allo psicologo presente nella tua associazione, a professionisti dei servizi di supporto psicologico attivati a livello locale, regionale, nazionale oppure avvalerti dello sportello di Consulenza del settore Psicologia dell’emergenza di protezione civile Anpas, contattabile mediante indirizzo email consulenzapsicologica@anpas.org, contatto Skype Psicologi Emergenza Anpas, telefono 05578765280, nei seguenti giorni ed orari: lunedì e giovedì dalle ore 10 alle 13, martedì e venerdì dalle ore 15 alle 18, mercoledì e sabato dalle ore 20 alle 23, domenica dalle ore 18 alle 21.
Puoi partecipare a un debriefing, un incontro di gruppo condotto da personale con competenze psicologiche, che agevola i partecipanti nella decompressione emotiva, nell’attivazione delle reti di supporto sociale, nella riduzione del senso di isolamento, nella condivisione di utili informazioni per fronteggiare lo stress.
Fare ricorso alla religione (qualsiasi essa sia!) può aiutare, spronandoci e sostenendoci a proseguire nelle operazioni di assistenza e soccorso.

Distaccarsi dal contesto dell’emergenza attraverso momenti di pausa, adottando tecniche di rilassamento, limitando la lunghezza dei turni, osservando pause regolari, garantendo regolarità ai pasti e al riposo, rigenerandosi dallo stress.

Qualsiasi strategia di coping tu intenda adottare sarà quella appropriata, in relazione alla situazione, a te stesso, alle tue abitudini, all’esperienza, al tipo di emergenza. Ricorda, però, che preoccuparsi della propria salute, compresa quella psico-emotiva, è il primo passo,
quello fondamentale, per garantire l’assistenza, il soccorso e la cura.

– Gilda Pepe, psicologa Anpas

 

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Coronavirus: 31mila volontari di protezione civile Anpas impegnati nell’emergenza

Coronavirus: 31.349 volontari di protezione civile Anpas impegnati nell’emergenza, 5.965 mezzi impiegati dall’inizio dell’emergenza

 

Attività di protezione civile Anpas

Dall’allestimento delle tende pre-triage negli ospedali, ai presìdi negli aeroporti, dalla sanificazione delle strade al coordinamento dell’impegno con il lavoro costante delle sale operative: dal 5 febbraio sono 31.349 i volontari della colonna mobile nazionale di protezione civile Anpas che hanno lavorato in sinergia con il Dipartimento della Protezione Civile. 

5.965 mezzi impiegati dall’inizio dell’emergenza

Il lavoro delle sale operative Anpas. Aperte h24 tutte le sale operative regionali attive con almeno un operatore (nelle zone con minore attività) fino ai cinque operatori che si turnano nella sala operativa nazionale per garantire l’operatività. Un impegno costante quello delle Sale operative sia sulla copertura degli aeroporti che per gli interventi sanitari. Tutto questo è stato reso possibile grazie alle esperienze avute nelle passate emergenze che hanno permesso una messa in rete di dati e informazioni reso possibile, a sua volta, dalla creazione e dalla condivisione di protocolli e procedure standardizzate negli anni.

 

Attività di protezione civile Anpas

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Io non rischio 2020: aperte le candidature per le associazioni (2)

Io non rischio 2020, in piazza il 10 e l’11 ottobre: on line il modulo per la manifestazione di interesse da parte delle associazioni. 

aggiornamento 30 marzo 2020 – Al fine di dare più agio nella compilazione dei moduli online per la “manifestazione di interesse”, proroghiamo la scadenza per la presentazione delle domande fino al 19 Aprile compreso.
Vi chiediamo di diffondere tale comunicazione alle associazioni da voi coordinate, ed esortarle a continuare a farsi portavoce dei valori della Campagna.

29 febbraio 2020. Riprendono le attività della Campagna “Io non rischio”. Quest’anno l’iniziativa si svolgerà nelle giornate di sabato 10 e domenica 11 ottobre e rientrerà, come per il 2019, nell’ambito della Settimana nazionale della Protezione Civile.

La candidatura di tutte le associazioni, che abbiano partecipato negli anni precedenti o siano alla loro prima esperienza, avverrà tramite un modulo on-line a cui si può accedere tramite il seguente link https://www.inr2020.it/

Il modulo per la manifestazione di interesse da parte delle associazioni sarà attivo fino a domenica 19 aprile compre, poi si disattiverà automaticamente e non saranno più accettate candidature.

• Ogni associazione dovrà registrarsi con una username e una password, con le quali accederà alla sezione per compilare il modulo in tutte le sue parti;

• Al termine della compilazione riceverete, alla mail indicata in fase di registrazione, un link per scaricare e stampare il modulo compilato, che dovrà essere firmato dal Presidente/Legale rappresentante e successivamente caricato seguendo le istruzioni.

Le candidature subiranno poi un processo di validazione a cura dei Comitati Regionali, di Anpas Nazionale e delle Regioni (es. iscrizione elenco territoriale).

La attività di formazione della Campagna “Io non rischio” saranno articolate nei seguenti impegni :

· incontro regionale di organizzazione tra i Referenti della Struttura di protezione civile territoriale, i referenti regionali delle Organizzazioni nazionali di Volontariato (ove presenti) e i volontari formatori “Io non rischio”, per definire le modalità di gestione delle piazze e della formazione dei volontari comunicatori;

· ​formazione ai comunicatori sulle tematiche generali della Campagna e sui rischi che tratteranno i volontari in piazza.

Come di consueto, i volontari formatori avranno il compito di realizzare la formazione a cascata per i volontari comunicatori che parteciperanno alla Campagna.

Anpas io non rischio

Io non rischio 2020: aperte le candidature per le associazioni (2) Leggi tutto »

Io non rischio 2020: aperte le candidature per le associazioni

Io non rischio 2020, in piazza il 10 e l’11 ottobre: on line il modulo per la manifestazione di interesse da parte delle associazioni. 

aggiornamento 30 marzo 2020 – Al fine di dare più agio nella compilazione dei moduli online per la “manifestazione di interesse”, proroghiamo la scadenza per la presentazione delle domande fino al 19 Aprile compreso.
Vi chiediamo di diffondere tale comunicazione alle associazioni da voi coordinate, ed esortarle a continuare a farsi portavoce dei valori della Campagna.

29 febbraio 2020. Riprendono le attività della Campagna “Io non rischio”. Quest’anno l’iniziativa si svolgerà nelle giornate di sabato 10 e domenica 11 ottobre e rientrerà, come per il 2019, nell’ambito della Settimana nazionale della Protezione Civile.

La candidatura di tutte le associazioni, che abbiano partecipato negli anni precedenti o siano alla loro prima esperienza, avverrà tramite un modulo on-line a cui si può accedere tramite il seguente link https://www.inr2020.it/

Il modulo per la manifestazione di interesse da parte delle associazioni sarà attivo fino a domenica 19 aprile compre, poi si disattiverà automaticamente e non saranno più accettate candidature.

• Ogni associazione dovrà registrarsi con una username e una password, con le quali accederà alla sezione per compilare il modulo in tutte le sue parti;

• Al termine della compilazione riceverete, alla mail indicata in fase di registrazione, un link per scaricare e stampare il modulo compilato, che dovrà essere firmato dal Presidente/Legale rappresentante e successivamente caricato seguendo le istruzioni.

Le candidature subiranno poi un processo di validazione a cura dei Comitati Regionali, di Anpas Nazionale e delle Regioni (es. iscrizione elenco territoriale).

La attività di formazione della Campagna “Io non rischio” saranno articolate nei seguenti impegni :

· incontro regionale di organizzazione tra i Referenti della Struttura di protezione civile territoriale, i referenti regionali delle Organizzazioni nazionali di Volontariato (ove presenti) e i volontari formatori “Io non rischio”, per definire le modalità di gestione delle piazze e della formazione dei volontari comunicatori;

· ​formazione ai comunicatori sulle tematiche generali della Campagna e sui rischi che tratteranno i volontari in piazza.

Come di consueto, i volontari formatori avranno il compito di realizzare la formazione a cascata per i volontari comunicatori che parteciperanno alla Campagna.

Anpas io non rischio

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Anpas a supporto dei Pronto Soccorso: montati PMA in Emilia e in Toscana

Anpas a supporto dei Pronto Soccorso: montati PMA in Emilia e in Toscana

24 febbraio 2020 Su richiesta degli enti locali, i volontari Anpas dei comitati regionali Emilia Romagna e Toscana sono impegnati nell’allestimento di presìdi medici avanzati (PMA) a supporto dei Pronto soccorso. 

Anpas PMA Piacenza

 
A Piacenza cinquanta volontari di Anpas Emilia Romagna hanno montato un PMA (presidio medico avanzato) con due strutture della Protezione civile per garantire una sorta di “pre-accesso” al Pronto soccorso, dove i sanitari provvederanno a effettuare un primo triage, per poi smistare le persone secondo i percorsi di cura più adeguati.
 
In Toscana i volontari di Anpas Toscana hanno allestito una tenda a Empoli e, domani, anche a Pontedera e Borgo San Lorenzo
Anche nel magazzino Anpas i volontari delle pubbliche assistenze sono impegnati nella gestione e nel trasporto del materiale.

Anpas Piacenza

 
 

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Il progetto FACET a Firenze nella sede Anpas

Il Progetto FACET nella sede Anpas a Firenze 

Si è tenuta il 17 febbraio presso la sede di Anpas a Firenze, una riunione del progetto Facet con i partner di consorzio provenienti dalle altre organizzazioni coinvolte nel progetto europeo.

Facet a Firenze

La delegazione, composta da 15 persone, inclusi i volontari Anpas che hanno seguito i lavori da un punto di vista tecnico, ha portato avanti quella che è la fase finale del progetto.

“Siamo orgogliosi di ospitare un gruppo motivato e deciso a contribuire al rafforzamento delle maglie della rete europea del volontariato” ha dichiarato Niccolò Mancini, vicepresidente Anpas. “Scambiare buone pratiche sul soccorso e sulle metodologie di formazione rappresenta un tassello fondamentale per la crescita dei sistemi nazionali e di standards comuni a garanzia dei cittadini europei.”

 

FACET (First aid, Civic engagement, Training) è un progetto guidato da Samaritan International (SAM.I) e da altre 8 organizzazioni di volontariato europee (Germania, Italia, Lituania, Slovacchia, Macedonia, Lettonia, Austria), fra cui Anpas, e finanziato di recente all’interno della linea di finanziamento “strategic partnership” del Programma Erasmus+ con focus “adult education”. Partendo dalle specificità dei sistemi di soccorso di ciascun Stato membro e dall’assenza di un quadro comune per il riconoscimento europeo delle competenze degli operatori di primo soccorso, l’obiettivo di FACET è potenziare, partendo dalla rete europea di SAM.I, l’offerta educativa di primo soccorso di ciascun partner attraverso la definizione di un protocollo condiviso capace di accrescere l’offerta di ciascuno attraverso lo scambio delle competenze e di buone pratiche.

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