Gente d’Anpas

Un pugno di ricordi

Un pugno di ricordi, di Carlandrea Dell’Amico

Carlandrea Dell’Amico è il padre di Giorgio Dell’Amico, uomo d’Anpas. Il 13 dicembre 1943 viene arrestato a Milano e viene portato in un campo di concentramento. In occasione di quello che sarebbe stato il 91°compleanno di suo padre, Giorgio ha deciso di mettere online questa storia (di cui pubblichiamo la premessa): il ricordo della sua deportazione come prigioniero politico, durante la seconda guerra mondiale. Anpas pubblica il racconto di Carlandrea Dell’Amico in versione ebook gratuito da scaricare e diffondere.

Non ho mai avuto il benché minimo desiderio di leccarmi le ferite della mia giovinezza, da un pezzo cicatrizzate. Se ho deciso ora di permettere alla mia memoria di parlare, di descrivere il sangue, le lacrime, i dolori, le gioie dell’amicizia, che hanno nutrito la mia fede nelle capacità del genere umano di resistere e di creare, è perché la nostra gioventù idealista e disorientata ha bisogno di sapere e di armarsi contro le tragedie, le ipocrisie e i falsi Dei della storia.
E’ ai nostri figli che penso, scrivendo questi miei pensieri, frutto di tante lacrime, di tante umiliazioni, di tante sofferenze. Siamo sulle soglie di un mondo caotico e turbolento, che nessuna singola potenza può più controllare economicamente, politicamente o militarmente, un mondo in cui una crisi si aggiunge ad un’altra.
Da come vanno le cose, il mondo che ci aspetta, sarà un mondo in cui la libertà e prosperità saranno un lusso, un mondo impreparato a fronteggiare la crescita esplosiva della popolazione, un mondo in cui la produzione di energia, di materie prime e di alimenti, non soddisferà la domanda crescente, un mondo in cui i padri e i figli si strapperanno il pane di bocca.
Capisco questa specie di mondo e so, o almeno mi illudo di sapere, cosa ci vuole per uscirne.
Io rimasi davanti alle sue porte spalancate per molti mesi e imparai per non dimenticarlo più, che fino a quando non siamo entrati nella camera a gas, lo spirito umano ha la possibilità di trovare un futuro degno di uomini liberi.
Lo sforzo però deve cominciare subito e soprattutto con la decisione di risvegliare la volontà istintiva di sopravvivere, la volontà che è sempre stata fondamentale per la vita. La lotta per la sopravvivenza non può essere legata a questo o quel capo provvidenziale. Non può essere lasciata ad una piattaforma politica o a un programma economico, più di quanto possa essere lasciata all’attesa di un miracolo; questa è la strada per la schiavitù.
La lotta per la sopravvivenza nella libertà, deve cominciare con noi stessi.
Ci vuole la capacità di comprendere le dimensioni tragiche, ipocrite e imprevedibili della storia, di scorgere e di reagire ai primi segni del pericolo mortale, prima di sentire l’odore di zolfo delle bombe che esplodono o il fetore della carne bruciata. Ci vuole un atteggiamento in cui la mente sappia quello che vuole, in modo da non oscillare fra la passività e l’eccesso di reazione; bisogna essere immuni all’euforia e al panico. Il ritorno ad un mondo stabile e sicuro deve cominciare dalle radici, con la fede nell’intelligenza dell’uomo piuttosto che nei dogmi di un partito, di una chiesa, di uno stato: le regole prescritte da una sedicente, infallibile autorità, cedono al primo colpo della brutalità. Dobbiamo cominciare con lo stabilire un nuovo tipo di rapporti fra le generazioni, basati sulla ragione e sul rispetto, non sulla gerarchia; un rapporto basato sulla premessa che si può lasciare ai giovani la responsabilità di decidere quali valori ereditari accettare e quali bandiere salutare e chi considerare rivale e chi amico. Poiché una società che non riesce a conciliare la passione e l’entusiasmo della gioventù con l’esperienza e la responsabilità degli uomini di stato, è una società che deve cadere.

La decisione. Diversi anni fa, dopo una serata passata con gli amici, nella quale non si fece che parlare del momento più esaltante della nostra vita, il periodo della Resistenza, Umberto ed io restammo soli, e ad un tratto lui mi disse: “Perché non scrivi della tua deportazione”?
Credo di averlo guardato con un certo stupore, tanto il suo suggerimento mi sembrava assurdo. “Io diventare scrittore? Sei matto”?
Lui insistette: “Non devi scrivere un’opera letteraria o un romanzo, ma devi dire tutto quello che ti sei tenuto dentro per tutti questi anni come un peso, e liberartene.
Metti giù anche senza ordine, tutte le tue sensazioni, tutto il passato, su fogli di carta, con le parole al posto dei fatti. Ogni parola che ha un peso di dolore e di speranza, un aggettivo che sostituisca il pianto di ieri, un nome che sta per un sentimento eterno di amicizia, un verbo per ciò che è stato il momento più lungo dell’esistenza; ti verranno spontaneamente dal cuore, senza sforzi.
Forse dovrai soffrire ancora nel rivivere quei giorni, ma lo devi ai tuoi compagni che sono morti e stanno per essere dimenticati”. “Devi scrivere” mi disse “Lo devi fare”.
Ci pensai a queste sue parole per molti giorni, e poi una notte, quando la mente è più libera e tutto attorno tace, cominciai a riempire dei fogli bianchi, un’infinità di piccoli fogli bianchi che si spargevano sul tavolo insieme al mio strazio che rinasceva, grave e dolce nello stesso tempo

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Ciao Mario, uomo vero d’Anpas

Un saluto commosso a Mario Merelli, uomo d’Anpas

18 gennaio 2012. Secondo quanto riferito dagli uomini del Soccorso alpino di Valbondione (Bergamo), di cui anch’egli faceva, Mario Merelli  è precipitato durante un’ascensione sul Pizzo Sky, una parete nei pressi del Redorta, intorno alle 8. Il suo corpo è stato già recuperato, con l’aiuto di un elicottero. Mario Merelli, di 49 anni, ha effettuato numerose ascensioni sulle principali montagne italiane ed europee, con importanti spedizioni extraeuropee e molti Ottomila conquistati tra cui l’Everest (2 volte), Makalu, Kangchenjunga, Gasherbrum I, Shisha Pangma, Annapurna, Broad Peak, Lhotse, Dhaulagiri.

Nel 2006 Merelli aveva portato la bandiera dell’Anpas sul tetto del mondo, al Lhotse in Nepal (8.516 mt): era intervenuto in occasione del 7° Meeting della Solidarietà Anpas organizzato nella Locride a settembre 2006 dove presentò il video “Un viaggio sopra le nuvole”. Questo era quanto Battista Santus scriveva il 24 luglio 2006 dal Lhotse dove Mario aveva piantato la bandiera dell’Anpas:

Due minuti fa, ore 10.20 italiane, Mario mi ha telefonato dalla vetta del Gasherbrum 2, ottomilatrentacinque metri… la voce limpida… Un minuto prima lui, Lina Quesada e Mario Panzeri erano giunti in cima!!!! “È stato lunghissimo da campo 2, ma ora siamo qui, la giornata è stupenda…. Siamo così felici…. Siete tutti qui con noi… lo sguardo si perde su tante montagne che conosciamo…”. Che emozione… Prosegue Mario: “Personalmente dedico questa salita alla Nazionale di calcio, sai com’è, sono un grande tifoso… Ma tutti e tre insieme dedichiamo la vetta al popolo Pakistano, in questo momento così difficile per tutto il mondo…”. “Grazie amici”, rispondo, “a nome di tutti grazie, e a dopo, quando sarete più in basso e potremo parlare con calma”

 

Mario Merelli al Meeting della Solidarietà Anpas, in Calabria

 

Un saluto commosso da parte di tutta l’Anpas alla sua famiglia e ai suoi compagni di viaggio

 Mario Merelli è nato il 02/07/1962 e viveva  a Lizzola di Valbondione (BG) in alta Valle Seriana

Caratteristica dell’uomo- alpinista è la grande umanità e senso di solidarietà altruistica; più di una volta ha sopeso temporaneamente le proprie spedizioni per portare soccorso ad alpinisti, di altre spedizioni, in seria difficoltà o feriti.
In oltre 20 anni di attività ha effettuato numerosissime ascensioni sulle principali cime italiane ed europeee; il suo curriculum vanta anche significative spedizioni extraeuropee, l’attuale spedizione lo porterà per l’ 8^ volta oltre quota 8.000 mt.
Durante le ascensioni, sia nelle ripetizioni di “vie” già note, sia nell’apertura di nuovi itinerari estivi ed invernali, ha sempre privilegiato il mantenimento delle condizioni naturali, piuttosto che il ricorso ad espedienti che avrebbero potuto facilitare le salite stesse, modificando però l’ambiente originario.
Merelli_Calabria

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51° Congresso: la partecipazione di Sara

La storia di Sara

Sara ha 18 anni è della pubblica assistenza Gransasso Soccorso di L’Aquila. Mi racconta che è la prima volta che partecipa al Congresso e di  essere entusiasta di questa esperienza..Arriva da L’Aquila e per arrivare a Roma ci ha impiegato circa 2 ore in macchina. Alle mie domande risponde ma è molto timida. Quando le chiedo cosa significa essere volontario Anpas mi risponde: «È qualcosa nel quale gli altri vengono prima di me stessa. Non è un lavoro anche se c’è bisogno di tanti sacrifici. Essere volontario significa aiutare gli altri, chi ha bisogno: è difficile spiegare perché parte da me stessa». Sul Congresso dice: «Lo sto vivendo come un incontrare delle persone che non vedo da tempo. C’è un bel clima piacevole: è bello stare qui nonostante gli orari…»
di Monica Zucca

Durante il Congresso è stato anche sperimentato un nuovo strumento di comunicazione messo in campo da Anpas Sicilia: la web-radio (presentata il 18 dicembre a Marsala). Volontari, relatori, dirigenti di Anpas: tutti hanno partecipato alle trasmissioni della web-radio.


 

I comunicatori del progetto KoineT

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Koiné è il primo dialetto comune nella storia dei Greci. Pur rispettando le identità locali, la koiné ellenistica serviva per unire i popoli dell’Ellade, per essere un elemento di connessione e capace di coinvolgere le comunità locali per raggiungere obiettivi comuni. L’evoluzione tecnologica di questo concetto e la possibilità di sfruttare le potenzialità della rete hanno dato vita a KoineT: un progetto Anpas, finanziato da Fondazione con il Sud.

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51° Congresso: la partecipazione di Salvatore

La storia di Salvatore

Salvatore (P.A. V.A.P.C. Cigliano – VC) è partito giovedì in tarda serata per raggiungere Roma, sede del Congresso. Il viaggio è proseguito in treno per tutta la nottata arrivando a destinazione la mattina seguente molto presto. Roma rappresenta per il nostro amico una meta molto importante, vi ha fatto ritorno dopo 3 anni, l’ultima sua volta risale infatti al 50° Congresso Anpas… Roma, infatti, 18 anni fa è stata la sede dove ha assolto i suoi doveri di leva ed è quindi per lui ogni volta una grande emozione poter rivedere da vicino il Colosseo e le bellezze del posto. Prosegue il suo racconto dicendomi che il simposio è comunque un’occasione di crescita interiore e la possibilità di poter incontrare tutti quei volontari che ha conosciuto nella sua vita in Anpas non ultimo il terremoto de L’Aquila.
Il sabato, giorno delle elezioni, il nostro amico è in prima fila per esprimere le sue preferenze. Per lui un appuntamento inderogabile. Sfruttando la trasferta romana ha prenotato un biglietto per lo spettacolo teatrale “La Gage Aux Folex”,e dice «entrare per la prima volta dentro il teatro Sistina sarà per me come entrare al teatro dell’opera di Parigi».
La domenica, dopo la chiusura delle attività congressuali, Salvatore si è riservato un’ultima mezza giornata da passare nella sua città eterna… in attesa del prossimo congresso Anpas…

 

di Federico Morelli

Durante il Congresso è stato anche sperimentato un nuovo strumento di comunicazione messo in campo da Anpas Sicilia: la web-radio (presentata il 18 dicembre a Marsala). Volontari, relatori, dirigenti di Anpas: tutti hanno partecipato alle trasmissioni della web-radio.


 

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Koiné è il primo dialetto comune nella storia dei Greci. Pur rispettando le identità locali, la koiné ellenistica serviva per unire i popoli dell’Ellade, per essere un elemento di connessione e capace di coinvolgere le comunità locali per raggiungere obiettivi comuni. L’evoluzione tecnologica di questo concetto e la possibilità di sfruttare le potenzialità della rete hanno dato vita a KoineT: un progetto Anpas, finanziato da Fondazione con il Sud.

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51° Congresso: la partecipazione di Enzo

La storia di Enzo

Nella hall dell’albergo, sede del Congresso nazionale Anpas, si trovava tanta gente, gente del volontariato, gente di Anpas, c’è anche Vincenzo Valentini, 27 anni, per gli amici Enzo. Enzo era intento a salutare gli altri volontari insieme ai soci della sua pubblica, la Croce Verde Faggiano Taranto.
Per essere presenti al Congresso hanno viaggiato cinque ore con la loro ambulanza. Si sono incontrati, durante una programmata pausa caffe, ad un autogrill sulla strada che dalla Puglia porta a Roma e tutti insieme hanno affrontato il lungo itinerario.
Contento di poter rincontrare gli amici del volontariato Anpas e di poter trasmettere così, attraverso questo incontro, valori come la solidarietà.  Nel partecipare al Congresso vorrebbe riportare al centro del dibattito i valori di fratellanza ed armonia tra le pubbliche assistenze, facendo crescere il seme della partecipazione.
Vi è anche un pensiero per chi non è potuto essere presente per motivi logistici ovvero il denaro, ed un altro rivolto ai giovanissimi «che non si sentono parte integrante del movimento, per il detto che “niente per niente non faccio niente”».
Come suo personalissimo pensiero per volontariato Anpas ha pensato a «forti ed uniti sempre insieme»
di Carla Murru

Durante il Congresso è stato anche sperimentato un nuovo strumento di comunicazione messo in campo da Anpas Sicilia: la web-radio (presentata il 18 dicembre a Marsala). Volontari, relatori, dirigenti di Anpas: tutti hanno partecipato alle trasmissioni della web-radio.


 

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Koiné è il primo dialetto comune nella storia dei Greci. Pur rispettando le identità locali, la koiné ellenistica serviva per unire i popoli dell’Ellade, per essere un elemento di connessione e capace di coinvolgere le comunità locali per raggiungere obiettivi comuni. L’evoluzione tecnologica di questo concetto e la possibilità di sfruttare le potenzialità della rete hanno dato vita a KoineT: un progetto Anpas, finanziato da Fondazione con il Sud.

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51° Congresso: la partecipazione di Manuel

La storia di Manuel

Nella sala dove si stava svolgendo il 51° Congresso Nazionale Anpas, c’era Manuel Bocca di 26 anni, che ascoltava i discorsi degli oratori. E’ diventato volontario grazie ad un caro amico, anche lui volontario, che gli ha fatto conoscere il mondo ed il sistema della sua associazione. Manuel diventa quindi socio della pubblica assistenza Protezione Civile Val d’Agri si Marsicovetere (PZ). I soci effettivi della sua pubblica, quelli che fanno i turni tutti i giorni, sono una decina. A Roma erano presenti in nove. Sono arrivati con un pulmino da nove posti, in quattro ore hanno percorso tutti i chilometri che separano la Basilicata dalla capitale, solo una pausa caffè. Un viaggio lungo, che è felice di aver fatto e di partecipare per la prima volta al Congresso, del quale rimane colpito dalla tranquillità e la calma. E’ stato ad altri eventi Anpas dove si è trovato benissimo. Di questa nuova esperienza lo ha colpito il fatto che tante persone si siano “mosse”, che vogliano ascoltare e fare “vita da volontario”.  Nella sua “pubblica”, così come in tutte le altre d’Italia, vorrebbe incentivare i servizi sanitari, oltre l’emergenza 118, i servizi sociali e soprattutto aiutare la gente che veramente ha bisogno, quella che si trova in difficoltà. Per lui il vero volontario è colui che oltre offrire servizi, aiuta il prossimo, è quello che riesce a condividere tutto con l’altro. Il volontariato in Anpas per lui è un “volontariato grande e grande volontariato”.
di Carla Murru

Durante il Congresso è stato anche sperimentato un nuovo strumento di comunicazione messo in campo da Anpas Sicilia: la web-radio (presentata il 18 dicembre a Marsala). Volontari, relatori, dirigenti di Anpas: tutti hanno partecipato alle trasmissioni della web-radio.


I comunicatori del progetto KoineT

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Koiné è il primo dialetto comune nella storia dei Greci. Pur rispettando le identità locali, la koiné ellenistica serviva per unire i popoli dell’Ellade, per essere un elemento di connessione e capace di coinvolgere le comunità locali per raggiungere obiettivi comuni. L’evoluzione tecnologica di questo concetto e la possibilità di sfruttare le potenzialità della rete hanno dato vita a KoineT: un progetto Anpas, finanziato da Fondazione con il Sud.

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Legalità e partecipazione a Casal di Principe

Storie di legalità e di partecipazione a Casal di Principe

Il 20 giugno, nel giorno della manifestazione in favore di Renato Natale e della sua pubblica assistenza, minacciati dalla camorra, volontari della pubblica assistenza Jerry Masslo raccontano la loro associazione, le loro attività e il loro impegno sociale e civile nella lotta all’illegalità e all’emarginazione.

La cultura della legalità passa attraverso nuove forme e nuovi strumenti di partecipazione il web, la radio e attraverso nuove forme di partecipazione che mirano a coinvolgere i più giovani.

  
 

 

 

Altri video collegati

Il discorso di Renato Natale

 

Le foto della manifestazione per Renato Natale

e per la Jerry Masslo

 

 

 

 


Il sito della Jerry Masslo   www.associazionejerrymasslo.it/

Altri articoli: “Al cappotto di Legno rispondiamo con la divisa arancione: Anpas per Renato Natale e per la P.A. Jerry Masslo”

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Migranti

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Pisa, 6 aprile 2011. Come viene gestito un campo di accoglienza? Quali caratteristiche devono avere i siti? In che modo vengono impegnati i volontari? E qual è stato il percorso che hanno fatto i migranti per arrivare dove sono ora? Che mestiere fanno? Cosa pensano dell’Italia?

Sandro Moni (Responsabile Regionale Anpas Toscana Protezione Civile e Coordinamento Operativo Regionale Volontariato) racconta e spiega l’esperienza dei campi di accoglienza. Saba, migrante, tunisino, racconta il suo viaggio e il suo arrivo a San Rossore (Pisa).

 

Ci stanno.

Spesso vengono accostati all’acqua: si parla di piscine, di tsunami umani. Sarà perché vengono dal mare. Sarà perché, come l’acqua, passano dove le porte sono chiuse. In ogni caso: vengono assimilati a qualcosa di liquido, ma ci stanno.

Sono arrivati al campo da poche ore e si dice che alcuni andranno via non appena gli prenderanno le impronte. A fare da mediatore culturale c’è la farmacista di San Rossore che, in arabo e con il velo sulla testa, ha spiegato loro il luogo dove sono, le varie procedure e, per quanto ne sa anche lei, cosa ne sarà di loro nei prossimi giorni. I volontari avevano già predisposto tutto: dalla segreteria allo screening sanitario, fino alla stanza per la preghiera. Dormono nello stesso stabile con “gli ospiti”: «…basta chiudere la porta a chiave», dicono.

Ora loro stanno qui. Sanno che in Italia non c’è lavoro e sanno che per trovarlo dovranno andare in Olanda, in Belgio o in Inghilterra. Saba è uno di loro: è arrivato a Livorno la mattina del 6 aprile e ora è San Rossore (Pisa). È partito dalla Tunisia il 22 marzo. Ha fatto 20 ore di viaggio in mare, di notte. Poi è arrivato a Lampedusa. Poi è stato due giorni a Civitavecchia. E  ora sta qui. In una mano ha il cellulare e, come i suoi compagni, telefona in continuazione. Quando non telefona, usa il cellulare per ascoltare la sua musica. Nell’altra mano ha il foglio che gli hanno dato i volontari che sono nella segreteria del campo. Quello è l’unico documento che hanno. E ancora non sanno niente del loro status: rifugiati? Immigrati? Clandestini?

Saba sta qui perché uno di quelli che ce l’hanno fatta. Sempre ad aprile di due anni fa, mentre tutta Italia guardava a L’Aquila, migliaia di persone partivano dalle coste africane e perdevano la vita: il 31 marzo si persero le tracce di 500 persone. Il 2 aprile ne morirono 300. E già allora si parlava di strage annunciata. Per evitare le continue tragedie in mare, il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Terry Davis, suggerì di «creare – nonostante la crisi economica in atto – opportunità di lavoro nei paesi di origine di questi emigranti». L’Italia siglò l’accordo con la Libia. In quei giorni Maroni dichiarò: «gli sbarchi termineranno il 15 maggio prossimo, quando entrerà in vigore l’accordo siglato dal governo italiano con quello libico sul pattugliamento congiunto delle coste». Oggi, dopo gli accordi e le rivoluzioni, le persone hanno ricominciato a solcare il mare e a perdere la vita. Altri riescono a finire il viaggio e arrivano. A volte per andare altrove, altre volte per stare qui.

Al termine dell’intervista, Saba non ha chiesto sigarette o qualunque altra cosa che ci si potrebbe aspettare: «Mi dici su quale canale di Facebook metti quest’intervista?», dice. «Perché così la mia famiglia,  in Tunisia, mi vede e capisce che sto qui». Le persone esistono, le storie ci stanno e non sono liquide.

 


Altri articoli: Telesubalpina, 13 aprile 2011 – La linea d’ombra Video

 

 

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