Gente d’Anpas

Lizza: Le norme sulla pianificazione non sono vincoli inutili: dalla Sardegna alla Sardegna, passando per Saponara: cosa è cambiato?

Carmine Lizza: Le norme sulla pianificazione non sono vincoli inutili

Dalla Sardegna del 1951 alla Sardegna di oggi, passando per Saponara: cosa è cambiato?

Foto: i volontari Anpas durante l’alluvione di Saponara del 2011.

Saponara

22 novembre 2013 – Oggi sono cinque giorni da quello che i meteorologi hanno definito (correttamente) durante le previsioni il fenomeno che si stava abbattendo sulla Sardegna come “Ciclone Mediterraneo”. 

Molti siti fai da te e una parte dei mass media, non conoscendo la terminologia meteorologica, (o peggio ancora per fare sensazionalismo ed aumentare il numero dei click)hanno generato confusione nella popolazione associando tale evento (piuttosto frequente nel mediterraneo anche se non, per fortuna, con questa forza) con lo stesso che ha colpito recentemente e in modo devastante le Filippine o peggio ancora con i tornado (vortici di immensa violenza ma di limitatissima estensione) che hanno devastato proprio in questi giorni gli Stati Uniti, inducendo ad assumere comportamenti scorretti se finalizzati al fenomeno. 

La cattiva o l’errata comunicazione, anche durante le fasi di emergenza e la totale assenza di formazione sul da farsi durante le fasi critiche, ha peggiorato il bilancio di un fenomeno che, per quanto estremo, non è stato unico. Senza scomodare gli eventi degli ultimi anni, la stessa Sardegna, nell’autunno del 1951, è stata oggetto di precipitazioni molto più intense: caddero fino ad oltre 500mm di pioggia in 24 ore, 1000 in due giorni e 1400 in tre giorni. 

Oggi sono due anni dall’alluvione di Saponara. Sono Sette anni dall’alluvione di Vibo Valentia, in Calabria, che poi si è ripetuto ai primi di gennaio del 2010. Nell’ottobre 2009 ci sono state le frane  di Giampilieri, a Messina. Nei primi giorni di novembre 201o c’è stato l’alluvione, con la piena del Bacchiglione, che ha sommerso Vicenza e la Bassa Padovana. Il 25 ottobre 2011 sono state colpite le Cinque terre e pochi giorni dopo, il 4 novembre, si è ripetuta la stessa cosa a Genova. Nel frattempo: cosa è cambiato in peggio? La devastazione del territorio ad opera dell’uomo a seguito di un’espansione urbanistica selvaggia e non rispettosa delle indicazioni che ci vengono date dalla lettura attenta del territorio. Riguardo alle costruzioni basterebbe applicare le norme riguardanti la pianificazione che non sono dei vincoli inutili, ma strumenti importanti per la corretta gestione della sicurezza del territorio e dei cittadini

 Ecco perché, da volontari di un sistema, che è quello della Protezione Civile, ma anche come cittadini attivi di ogni singola comunità, facciamo appello alla responsabilità di tutti, da tutti i punti di vista.

– Carmine Lizza, geologo, responsabile Protezione Civile Anpas nazionale

Terralba, l'intervento dei volontari Anpas

Gli aggiornamenti del Dipartimento della Protezione Civile


Rischio idrogeologico: cosa fare

 


Le immagini dell’intervento dei volontari Anpas

  
                                 


La storia di Francesca: Il momento peggiore


#ajòSardegna – La fotogallery dei volontari Anpas per i volontari delle pubbliche assistenze sarde

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L’accoglienza dei migranti a Enna e la buonanotte di Davide

La buonanotte di Davide

22 ottobre 2013. Spesso quando sento al telegiornale “sbarcati a Lampedusa”, piuttosto che “circa 200 morti nello sbarco sulla riva” penso: vabbè sicuramente i giornali esagerano.

Oggi per la prima volta nella mia vita ho assistito ad uno “sbarco” di migranti prevalentemente dall’Afganistan. Si uno sbarco a Enna. Arrivati scortati da una volante della questura, avevano in mano solo un numero. Un numero che consentiva di distinguersi l’uno dall’altro, altrimenti sarebbero stati tutti uguali. Arrivati alle 18.30 all’oasi Francescana di Pergusa l’unica emozione che ho provato è stata la tristezza che subito è stata sostituita dalla tanta voglia di aiutare. Anziani, uomini, donne, ma soprattutto bambini affamati, infreddoliti, tristi. Non hanno domandato nulla, non hanno bisogno nulla.

Basta solo aiutarli a ricostruirsi una vita migliore. Portare in ospedale 5 bimbi e degli adulti perché deperiti: è assurdo nel 2013. Una serata a fare avanti ed indietro con l’ospedale, cercare di spiegare loro cosa gli sarebbe successo, tutto senza conoscere la lingua. Il riconoscimento più grande e stato quelli di veder sorridere i loro occhi e le loro labbra dopo averli salutati e aver augurato loro la buonanotte.

Davide Giunta, Corpo Volontari Protezione Civile Enna

Davide lavora qui per ingentilire i cuori

I migranti sono uomini: Anpas Sicilia sugli sbarchi 

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Angelo, prrrroprio Angelo

Angelo, prrrroprio Angelo

Siamo alla metà di giugno, mi arriva una telefonata da parte del comune dove risiedo: ”Domenico vuoi fare l’assistente alla colonia?”

La mia risposta non è stata immediata nel dire di sì, ma gli ho chiesto un paio di giorni per pensarci anche se in questo momento non lavoro. Sai: fare l’assistente alla colonia è una bella  responsabilità.

A pochi giorni dall’inizio della colonia mi reco in Comune per una riunione con l’assessore al sociale e il dirigente responsabile del sociale. A questa riunione era presente anche il responsabile organizzatore degli assistenti, ed erano stati invitati anche alcuni genitori. Al momento mi viene comunicato che mi sarei dovuto occupare di un bambino con disabilità di nome Angelo. Questo ragazzinodi tredici anni ha la sindrome di Down.

Al papà del ragazzo è stato detto che sarei stato io ad occuparmi di Angelo e ha subito mostrato nei miei confronti quella fiducia che si può dare ad un parente o ad un amico, nonostante, Io e il papà di Angelo non ci conoscessimo di persona.

Il tempo passa velocemente ed arriva il primo giorno di colonia. Nella nostra comunità si sono iscritti circa un centinaio di ragazzini al primo turno. Ad uno ad uno arrivano sul posto ancora con gli occhietti assonnati per la levataccia mattutina, ma tutti contenti di andare al mare. A distanza vedo il papà e di fianco Angelo, come si  avvicina si presenta: “ciao sono Angelo”. Rispondo: ”Ciao sono Domenico!”. E’ la prima volta che parlo con lui. La sensazione è stata bellissima. Angelo? Cordiale, vivace, dolcissimo.

Nel frattempo arriva il pulmino e  così inizia la mia prima assistenza ad un ragazzino con la sindrome di Down. Durante il percorso verso il  mare facciamo un po’ di conoscenza, non sapevo cosa aspettarmi. Ma Angelo inizia subito a fare delle  domande: se ero sposato, se avevo dei figli.. Poi altre domande ed ancora domande, tutte pertinenti e intelligenti, cosa che lì per lì non mi sarei mai aspettato, ma ho capito subito che avevo a che fare con un ragazzo semplicemente fantastico.

Si arriva al mare, metto la crema protettiva ad Angelo che si presta senza nessun lamento e mi chiede subito di andare in spiaggia a giocare.

Arriviamo sulla riva e mi chiede di aiutarlo a costruire un castello. “Io sono il capo e Tu l’operaio” mi dice; lo guardo fisso per un attimo e gli rispondo “Va bene”. In venti giorni di colonia con Angelo che non ne ha saltato neanche uno, abbiamo fatto di tutto: pallavolo calcetto, le carte, asso pigliatutto, il tappeto elastico ed in particolare tante belle figure costruite sulla sabbia.

Ma la cosa più importante per lui è fare il bagno: l’acqua è il suo ambiente naturale in cui dà sfogo a tutta la sua voglia di vivere, di divertirsi, di essere un adolescente.

Il passare del tempo insieme ad Angelo ha fatto si che il modo di pormi nei suoi confronti sia passato da quello di “assistente” a quello di “allievo”, in cui lui diventa per me fonte di ispirazione e crescita personale.

Angelo è innamorato del papà e del fratello, adora le zie e i nonni e non vede l’ora di andare da loro ad accudire Romolo e Remo (i suoi maialini) e a mangiare gli gnocchi speciali della nonna.

Complimenti caro papà, tu e la tua famiglia avete fatto e state facendo un miracolo eccezionale con  Angelo, lo merita tutto!

E ora dopo questa esperienza stupenda mi faccio alcune domande: che cosa è la normalità? Chi definisce il concetto di normalità? Siamo noi? Non lo so.  So solo che in questi giorni un ragazzo con disabilità mi ha insegnato tante cose, cose che rimangono dentro e che segnano per sempre. Dicendo ad Angelo che la colonia stava finendo e che non ci si vedeva più, mi ha risposto: “qual è il problema? Abitiamo nello stesso paese”. Risposta semplice e diretta, com’è nella sua natura, che mi ha fatto subito riflettere: “ma chi ha il problema?”.


L’ultimo giorno ho ricevuto il ringraziamento più bello. Al ritorno dal mare Angelo era triste. Gli ho chiesto: “Che hai fatto?” E lui: “Mannaggia, oggi finisce la colonia, stavo prrrrroprrrrio bene con te”. Quel “prrrrroprrrrio” scandito come fa lui con la erre!

Grazie Angelo, anche Io sono stato “prrrrrroprrrrio” bene con te e ho imparato più io da te che tu da me!

Non conoscevo così da vicino la disabilità, ma questa prima esperienza mi ha colpito in modo positivo facendomi ricredere sui tanti pregiudizi che si creano attorno alla diversità.
 

di Domenico Pompei, Anpas Abruzzo – Croce Bianca Val Vibrata  di S. Egidio alla Vibrata (TE)

 

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I Gomitoli di Terralba

I Gomitoli di Terralba

Siamo i cinque ragazzi de “Il Gomitolo d’Argento”, che a settembre del 2012 hanno iniziato alla Livas il “Piano straordinario per l’occupazione e il lavoro 2012”, indetto dalla Regione Sardegna per avviare i giovani sardi allo svolgimento di progetti di utilità e rilievo sociale.

All’inizio di quest’esperienza la maggior parte di noi era un po’ dubbiosa su quanto potessimo dare alla Livas e su quale sarebbe stato il nostro ruolo all’interno dell’associazione: era la nostra prima esperienza nel mondo del volontariato e un po’ ci spaventava l’idea dei viaggi in ambulanza, del contatto con persone in difficoltà, con la malattia.

Ci chiedevamo se saremmo stati all’altezza: avevamo quella giusta dose di preoccupazione che sempre c’è quando si inizia qualcosa di nuovo.Tuttavia ci siamo voluti mettere alla prova ed eccoci arrivati ormai alla chiusura di questo nostro percorso.

Le nostre preoccupazioni iniziali ora sono passate: le nostre tutor, i volontari e il resto dell’associazione, ci hanno messo subito a nostro agio, accogliendoci e spiegandoci in cosa consisteva il nostro compito. Il clima familiare che si respira all’interno della Livas ha fatto sì che ci inserissimo e capissimo velocemente le dinamiche dell’associazione.

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Quest’esperienza ci ha dato la possibilità di confrontarci con situazioni di sofferenza, malattia e solitudine, ben lontane dalla nostra realtà abituale: dietro ognuna delle storie vissute in questi mesi, abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano la forza e il coraggio che spesso nascono dalla malattia.

Nessuno di noi dimenticherà mai i sorrisi di chi, nonostante tutto, non smetteva di ringraziarci per i servizi prestati, rendendoci più coscienti di quanto la vita ogni giorno ci possa dare.

Inoltre pensiamo che il senso di responsabilità che nasce dalla fiducia che i pazienti e i loro parenti ripongono in noi, sia una grande opportunità di maturazione: infatti siamo spinti a ripagare questa fiducia stando attenti a quello che facciamo durante i nostri servizi e mettendoci impegno e passione. Questo può essere uno stimolo per entrare nel mondo del volontariato, in particolare per i giovani, che nella società impazzita dei nostri tempi avrebbero indubbiamente bisogno di essere responsabilizzati.

E così, un’occupazione nata quasi per caso, è diventata un’occasione di crescita e confronto che resterà per sempre nel nostro patrimonio personale, rendendoci più vicini a chi, senza saperlo, è riuscito ad aprirci il cuore e a farci capire che a volte basta veramente poco per darsi agli altri con amore e fiducia.

Il Gomitolo d’Argento:  Valentina Broccia, Maurizio Cannas, Valeria Favaretto ,  Veronica Frongia, Edoardo Lai.


 

Chi pensa che la P.A. Livas Terralba sia solo ed esclusivamente servizio d’emergenza in 118 fa un grosso errore, certamente tale servizio è una colonna portante, visto i 379 interventi d’emergenza nel 2012. Un po’ per scommessa, abbiamo dedicato delle ore di volontariato, non per andare incontro a chi ne aveva necessità (questi erano al sicuro per la disponibilità di tutti gli altri volontari), ma per buttar giù un progetto, rispondendo alla richiesta da parte della Regione Sardegna per la realizzazione di percorsi di inclusione sociale per giovani disoccupati: al fine di poter dare la possibilità all’associazione di contagiare qualcun altro di quella strana malattia che si chiama volontariato, dare alla comunità la garanzia di maggiori servizi e a qualcuno l’opportunità di metter da parte qualche soldino. 

Il progetto presentato, è stato poi accettato dalla Regione Sardegna, con estrema soddisfazione di chi era riuscita a trasformare un’idea in realtà. A settembre 2012 in associazione sono arrivati i Gomitoli, come li chiama qualche volontario in sede; dal nome del progetto “Gomitolo d’argento” ad indicare quel filo sottile, resistente e nutritivo che lega nuove leve a quelle anziane.

Certo la realtà non è così rosea, spesso ci si trova sottopagati, senza un lavoro, ma l’importante è impiegare al meglio il proprio tempo, un detto recita più o meno così: “Quel che facciamo nel tempo del lavoro determina ciò che abbiamo. Quel che facciamo nel tempo libero determina ciò che siamoG. Estman, e donare il proprio tempo libero in una realtà come la Livas non fa che arricchire i nostri cuori. Da tutor non nego la difficoltà nella gestione del progetto e dei ragazzi, perché sappiamo bene che il tempo del volontario è quello che rimane una volta che son stati assolti i doveri lavorativi, familiari e altri impegni. Lodevole è stata l’ala protettrice dell’altra tutor, molto presente per i  ragazzi e in ogni caso riferimento per eccellenza è stato il Presidente e il resto dei volontari.In quanto volontaria, passante per servizio civile, ho appurato sulla mia pelle l’importanza di una scelta di vita simile, è un’esperienza che ti entra nella carne, e una volta dentro non te ne liberi più, anche quando non sei in associazione l’anima del volontario guida ogni azione e quando non ci sei in associazione ti manca, tanto, ti manca quello stimolo per il cuore e per l’anima. È anche per questo che è bello progettare per dare a chi ci sta attorno la possibilità di fare una meravigliosa esperienza di vita, quella vera. 

Da tutor nel leggere queste righe non posso che entusiasmarmi all’idea che il segno a distanza di ormai un anno sia già comparso, ci saranno stati momenti in cui sicuramente non vedevano l’ora di chiudere il percorso, per la presenza di altri impegni come gli studi o altre difficoltà, ma son certa che nel momento in cui si chiuderà il progetto farà da padrona un’immensa nostalgia.Penso di parlare a nome di tutta l’associazione grazie di cuore per quel che fate e come lo fate, l’associazione è fatta di persone e voi insieme al resto della banda qualsiasi cosa facciate per voi e per il prossimo lo fate in maniera egregia. Complimenti e grazie per aver condiviso con noi un anno della vostra vita e ci auguriamo i prossimi a venire.

– Francesca Orrù


 

 

 

 

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Le facce di Ayasse 2013, di Marco Negri

Di ritorno dalla Valle d’Aosta, con 800 km. Davanti, sulla striscia di asfalto sempre uguale, ritornano davanti agli occhi le immagini di 3 giorni speciali.In macchina c’è silenzio, forse la stanchezza , forse la delusione che tutto sia finito o forse ognuno di noi sta rivivendo in un momento tutto suo le sensazioni e le immagini di una esperienza indimenticabile.Per chi poi come noi si deve rituffare nel caos di una grande metropoli, le vette, il torrente, gli alberi, l’aria fresca e carica di ossigeno e le facce di un popolo gioviale e accogliente sono l’ulteriore rimpianto di una esperienza giunta a termine.

Le facce… Le facce di tanti volontari, tutti diversi , ma poi tutti uguali, sono le nostre facce, sono le facce di chi ti saluta con un gesto dall’altra parte della strada, dell’amico che non vedi da mesi che sta arrivando ed inchioda la macchina per abbracciarti, del volontario con cui non hai mai parlato ma incontri sempre in queste occasioni e saluti con un gesto del capo. Tante facce, le nostre facce , semplicemente noi che siamo gente d’Anpas.

Nei ricordi , mentre la striscia d’asfalto corre veloce dietro di te, quasi volesse riportarti indietro, vorresti ringraziarli uno per uno per averti permesso di far parte di loro , vorresti innanzitutto ringraziare.

Tutti i volontari della Valle che ci hanno creduto e hanno fatto in modo che tutto accadesse. Vorresti ringraziare Diego che se ce ne fosse bisogno, ti ha dimostrato di avere un amico lassù. Vorresti ringraziare Chiara che mai ha perso per un attimo il filo dell’organizzazione. Vorresti ringraziare tutti i logistici che ti hanno permesso di soggiornare in un posto bellissimo e vorresti ringraziare i tuoi stessi volontari che ancora una volta hanno creduto in te e ti hanno seguito.

E mentre il nastro di asfalto ti porta sempre più vicino alla meta ti accorgi che stai lasciando tutto li e ti domandi se hai vissuto tutto di quei tre giorni o potevi viverli di più.

Domani si lavora e ricomincia la routine, forse non saremo al 100%, spesso distratti, un po’ sognanti, ma il nostro sogno è vero. Siamo solo in attesa della prossima volta.

di Marco Negri, K9 Rescue  

Ayasse 2013: la premiazione

                               

 

 

La fotogallery su flickr

 

Il blog di Ayasse 2013

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Maratona di Roma: la corsa di Stephanie (vista dal PMA)

La maratona di Stephanie (vista dai volontari dal PMA)

Lungotevere San Paolo (5Km) tempo 00:36:42

Ponte Testaccio (10Km) tempo 01:30:18

Lungotevere Marzio (15Km) tempo 02:13:51

Via Achille Papa (21.097Km) tempo 03:15:05

Lungotevere Acqua Acetosa (25Km) tempo 03:56:10

Corso Vittorio Emanuele (35Km) tempo 05:38:59

Piazza del Popolo (37.5Km) tempo 06:03:12

Via Petroselli (40km) tempo 06:33:50

Arrivo 42,195 km tempo 06:55:36….quando si dice “volere è potere”!

La “nostra” Stephanie (atleta Americana che ha fatto tutte le maratone del circuito Europeo) ne è stata sicuramente la dimostrazione. Per molti sono solo numeri, per noi del PMA Olimpico é un esempio di coraggio e forza di volontà che l’ha portata a concludere la sua maratona nonostante la sosta forzata di quasi un’ora presso il nostro PMA, nonostante i medici le abbiano sconsigliato di riprendere, nonostante il tempo che continuava a trascorrere inesorabile, e nessuno che credeva ce l’avrebbe mai fatta, tra le lacrime ha voluto continuare, contro tutto e tutti, e vincere la sua sfida personale e raggiungere l’obiettivo che si era prefissata. A 5 minuti dal tempo massimo é riuscita in tutto ciò.

Peccato che non potrai leggere queste poche righe che ti stiamo dedicando ma alla conclusione di questa XIX edizione della maratona di Roma il nostro pensiero è tutto per te e per la tua grande forza di volontà. 

Massimiliano Nevi & Simona Pinco, K9 Rescue

 

Il PMA di Piazza Mazzini

 

 

 

Maratona: l’assistenza dei volontari Anpas

La fotogallery

  
               

 

La fotogallery del PMA montato a Piazza Mazzini

Su Social Tiscali

 

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Non solo l’8 marzo, non solo giallo: donne in arancio tutto l’anno

Non solo l’8 marzo, non solo giallo: donne in arancio tutto l’anno

Alla porta carraia su un campo di protezione civile in Emilia. Spargere sale tra le strade ghiacciate di Firenze. A dirigere i servizi. Fare il capoturno in ambulanza nel servizio d’emergenza. Spalare il fango di Monterosso dopo l’alluvione. Insegnare ad una classe di 20 volontari come si fa un massaggio cardiaco. Avere il diritto al voto nelle pubbliche assistenze alla fine dell’Ottocento prima ancora del suffragio universale in Italia. Essere presidente di una pubblica assistenza. Trascorrere un anno in Servizio Civile e poi restare nell’associazione.

Sono alcune delle cose che sanno fare quelle che per noi sono le donne più belle del mondo. Quelle in arancio tutti i giorni dell’anno.

 

Glenda

 

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Le volontarie della pubblica assistenza di Sarzana per l’8 marzo

 

La fotogallery su flickr

 

 

 

L’iniziativa promossa da Cesvot

8 marzo, basta giallo

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Ecco perché mi chiamo Garibaldo

 Dall’infanzia a Campiglia, all’arresto nel 1933 per attività sovversiva, passando per partecipazione e l’appartenenza alla pubblica assistenza di Livorno. Le storie di volontariato e della resistenza raccontate da Garibaldo Benifei, 101 anni: così l’Anpas ha avuto il piacere di festeggiare l’inaugurazione del suo archivio storico con una testimonianza di un volontario d’eccezione, il più anziano (anche come appartenenza) d’Italia. Volontario, consigliere ed ex presidente della pubblica assistenza SVS di Livorno, Garibaldo Benifei racconta gli interventi fatti nei primi anni del secolo scorso con i carri a mano, ma anche episodi di resistenza al momento della chiusura delle pubbliche assistenze durante il fascismo.
Partigiano della “III brigata d’assalto Garibaldi”, Benifei conobbe Osmana Benetti, anche lei partigiana, nel 1943, anche lei nel video. Qualunque cosa si poteva fare nell’interesse del popolo”… Ecco perché si chiama Garibaldo.


 

 

 

 

Il cuore è nelle radici: Fausto Casini e Garibaldo Benifei

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Samugheo – I pensieri di Annachiara in Servizio Civile

Oggi il nostro viaggio si è concluso alle ore 18, all’insegna come sempre del divertimento e della spensieratezza, convinti che il nostro percorso non finirà qui.

Sarebbero tante le persone da ringraziare, a partire dal Presidente Antonio Maria Sanna che ha creduto in noi e non ci ha mai lasciati soli ad affrongare questo viaggio. Un ringraziamento va a Elisabbetta Tatti, cosidetta Rlea che con i suoi rimproveri da sorella maggiore ci ha instradato bene. Grazie a Simona Deias, la nostra OLP che con i nostri biglietti lista-spesa ne farà certamente un quaderno. Così anche a Ignazio, altro OLP. E poi che dire dei soci del gruppo Las? I migliori compagni di viaggio. A loro dobbiamo la nostra preparazione come soccorritori, ma tanto ci hanno insegnato per la nostra vita. E all’atro compagno Matteo Piras, il coach: grazie! Grazie a Fabio Madeddu per averci supportato questi giorni, compresa stanotte, e per la tua presenza come amico. Grazie a tutti: siete in tanti a cui dobbiamo il nostro percorso di crescita. Ma un grazie speciale va alla mia squadra: Mariantonietta, Paola, Marco, Antonella, Carla e Cinzia.

Quando si conoscono tante persone come voi, è inevitabile instaurare dei bei rapporti, si crea quella complicità piena di feeling , e pensi: che bello conoscere così bella gente.

In ognuno c’è sempre qualcosa da prendere. L’amicizia è come una bicicletta, monti in sella e voli come il vento che ti scompiglia i capelli, entra negli occhi e li fa lacrimare. E mentre sorridi, ingoi le altre lacrime.

L’amicizia è come quelle due ruote che  girano se tu pedali forte. Attento!…..potresti cadere, aspettati anche questo, è successo. Un amico non è un mezzo per arrivare da qualche parte, lui ti aiuta: il suo scopo è quello di farti superare le salite, e nelle discese, frenalo solo un poco perchè andrà per la sua strada, anche se tu non vorresti.

Devi correre il rischio, in un’amicizia devi limitarti a sorridere mentre se ne va via da te, diventando “storia” della tua vita.

Concludo con una citazione che molti di noi volontari, civilini condivideranno:

“Per noi non esistono feste ne tantomeno ferie. Per noi la festa più grande è quando riesciamo a salvare qualcuno che  a distanza di tempo ci ringrazia e ci vede come il suo angelo!!

Noi, non siamo sempre agevolati o aiutati da chi dovrebbe tutelarci, ma nonostante questo svolgiamo la nostra missione. Noi, che con 40 gradi al sole, stiamo in mezzo a una strada a soccorrere una mamma che ha fatto un incidente, per fargli riabbracciare il suo amato figlio. Noi che quando siamo sull’ambulanza non facciamo distinzioni di razza, di pelle e di etnia. Noi che siamo semplicemente volontari soccorritori”.

di Annachiara Congiu

Servizio civile a Salmugheo - il grazie di Annachiara 

 

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Roma – la storia di cittadino e del suo soccorso

Roma – la storia di cittadino e del suo soccorso in metropolitana

Giuliano ha partecipato ad uno dei corsi di pronto soccorso aperti alla cittadinanza he i volontari Anpas della pubblica assistenza Riano Soccorso hanno svolto pochi giorni fa. Questa è la storia del suo intervento, questa mattina, in metropolitana, che ha voluto condividere con i suoi istruttori e volontari Orlando ed Elsa.

Roma, 6 marzo 2013 – Alla stazione metro di Rebibbia, appena sceso dal bus, noto delle persone che stavano attorno ad una ragazza accasciata a terra, in un’aiuola rialzata. Vedendo che non c’era nessuno di “pratico”, ho pensato di mettermi a dare un’occhiata più da vicino.

La ragazza, sui 25 anni, era assolutamente priva di conoscenza, respirava velocemente ed in maniera agitata, mascella serrata, sudore freddo, occhi chiusi e tremanti. Le slaccio il giubbotto, cerco di chiamarla (ho scoperto dopo che si chiama Ana, probabilmente dell’Est) ma continua a non rispondermi e il respiro si fa sempre più corto e affannoso, e rimane completamente incosciente e i denti strettissimi. Tra tutti quelli che erano li, vengono chiamati 113, 112, 118. Mancava di chiamare l’esercito.  

La ragazza nel frattempo peggiora. Io le tengo la mia faccia davanti bocca e naso per assicurarmi che respiri. Diventa ancora più pallida e ad un certo punto smette di respirare. Chiedo (soffocando un’emozione incredibile) a quelli che mi sono vicini di richiamare il 118 per dirgli che avrei cominciato la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco. Le metto il collo il posizione, le alzo il mento e soffio con tutta la forza della disperazione che avevo in corpo. Ascolto l’aria uscire, ma non ha reazioni.

Le faccio un altro paio di insufflazioni, preparandomi a procedere subito dopo con il massaggio, quando improvvisamente dopo aver espulso l’aria, fa un ispirazione rumorosa e profonda da sola, e inizia di nuovo a respirare. A quel punto, vedo se riesce a continuiare in autonomia e non faccio il massaggio e mi assicuro che contunui a respirare. Passano altri 5 lunghissimi minuti nei quali continua a respirare da sola, arriva l’ambulanza, la caricano velocemente con la maschera d’ossigeno e la portano via.
Riprendo la metro a Rebibbia. Il mio tremore scompare verso Piramide, e le lacrime dell’emozione ancora adesso non se ne vanno.
Sto provandio a chiamare continuamente all’ospedale, ma solo con il nome non riesco ad avere notizie di alcun tipo. Non so cosa abbia avuto, non so se è servito quello che ho fatto. Spero solo che si sia salvata.
GRAZIE E VI VOGLIO BENE!!

Giuliano Santoboni

Esercitazione 30 anni CB Rondine

 

 

 

Le storie della Gente d’Anpas

Le emozioni del Meeting 2012 dei volontari

Miriam NicoleManuela | DarioSerafino | Michela | Annalisa

 

  
                             

 

 


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