Protezione Civile news

Formazione formatori protezione civile: la tappa di Baronissi (6-8 febbraio)

A Baronissi un week end con gli esperti della protezione civile


Il sistema di protezione civile nazionale, la sicurezza e gli scenari di rischio, gestione dello stress in situazioni di emergenza, i piani di protezione civile, la comunicazione di emergenza: questi i temi sui quali 150 volontari Anpas provenienti da tutte le regioni d’Italia si sono confrontati a Baronissi dal 6 all’8 febbraio con esperti e istituzioni di Protezione Civile.
 

Baronissi: il corso di protezione civile

Nelle varie sessioni si sono succeduti Titti Postiglione (Responsabile Ufficio Volontariato, Formazione e Comunicazione del Dipartimento della Protezione Civile), Massimo La Pietra (Dipartimento Nazionale della Protezione Civile), Marco Mucciarelli (OGS), Leonardo Chiauzzi (Reluis), Romano Camassi (INGV), Massimo Crescimbene (psicologo INGV),  Nicola De Rosa (consulente sicurezza Anpas).
“Da fate presto a facciamo presto”. Nel presentare la funzione di protezione civile Titti Postiglione ha sottolineato l’importanza del volontariato non solo durante l’intervento in emergenza, ma soprattutto il coinvolgimento della cittadinanza nel sistema di protezione civile attraverso la formazione e la prevenzione: “preoccuparsi vuol dire occuparsi prima per evitare le emergenze”.

“Formare i formatori è la scommessa di Anpas per diffondere al meglio le competenze che i volontari in ambito di protezione civile devono conoscere e sopratutto condividere”, dichiara Fabrizio Pregliasco. “Essere supportati dai massimi esperti della materia e avere il loro contributo è parte di un percorso di crescita sia delle pubbliche assistenze che di tutti i territori e delle comunità dove operano ogni giorno”.

Secondo Carmine Lizza, responsabile nazionale di Protezione civile Anpas, è un obiettivo ambizioso quello di mettere a sistema 150 formatori che possano trasmettere e diffondere su tutto il territorio conoscenze tecniche ormai indispensabili per agire correttamente nella Protezione Civile “cercando, allo stesso tempo, di valorizzare il sentimento della solidarietà verso gli altri, a prescindere da ruoli o differenze, e che è alla base del nostro agire da più di 110 anni”.
 
Un percorso di divulgazione della cultura di protezione civile che arriva a Baronissi e che prevede la formazione di volontari formatori che a loro volta creeranno altri formatori territoriali Anpas di protezione civile suddivisi in formatori di base e formatori specifici (logistica, segreteria, responsabili di campo di protezione civile e cucina). Un sistema di formazione a “cascata”, già sperimentato e implementato dal movimento delle pubbliche assistenze con “Essere Anpas” e “Io non Rischio” e che permetterà di formare nel tempo un numero maggiore di volontari favorendo la capillarizzazione sul territorio.

 

 

Un percorso di formazione, quello intrapreso da Anpas, che è iniziato con la costruzione della colonna mobile di Protezione civile e finanziata con i fondi messi a disposizione dall’OPCM 3797 del 2009 (articolo 221).

 I video del corso

 

 

 

 

Sui social #baronissipc 


 

 

 

 

 

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Io non rischio: Selezione per volontari formatori 2015: le graduatorie definitive

Io non rischio Maremoto

 

I volontari selezionati saranno impegnati dal 7 al 12 aprile 2015 in un’attività di formazione generale

 

Pubblichiamo le graduatorie definitive della selezione per volontari formatori della campagna Io non rischio, relative alle quattro aree territoriali di riferimento. Le graduatorie sono state stilate e approvate dalle Commissioni di valutazione – composte da rappresentanti degli Enti partner della campagna – sommando ai punti delle graduatorie provvisorie (autobiografia e questionario), quelli assegnati al colloquio (da 1 a 30 punti).

 

Come previsto dalle procedure di selezione, sono stati selezionati i 70 volontari con i punteggi più alti nelle singole graduatorie definitive. Per esigenze legate alla necessità di coprire un elevato numero di richieste provenienti da alcune aree del territorio nazionale, sono stati selezionati due volontari in più per l’area Nord e due in più per l’area Sud.

 

Complessivamente, questa è la ripartizione dei candidati selezionati per singole aree:

 

– Area Nord: i primi 18 candidati

 

– Area Centro: i primi 28 candidati

 

– Area Sud: i primi 20 candidati

 

– Area Siciliana: i primi 8 candidati.

 

Sono stati selezionati i candidati che hanno raggiunto un punteggio non inferiore a 70/110.

 

I volontari formatori selezionati saranno impegnati a Roma, dal 7 al 12 aprile 2015, in un’attività di formazione generale.

 

Pubblichiamo su questo sito anche le soluzioni del questionario a risposta multipla che i volontari hanno compilato per la preselezione online.

 

Ringraziamo tutti i volontari che hanno partecipato alla selezione inviando la propria candidatura e le organizzazioni, le Regioni e i Comuni che li hanno sostenuti in questo percorso.

 

Graduatoria definitiva – Area Nord

 

Graduatoria definitiva – Area Centro

 

Graduatoria definitiva – Area Sud

 

Graduatoria definitiva – Area Sicilia

 

Milano io non rischio 

 

Tutte le altre info su http://www.iononrischio.it/io-non-rischio-al-via-la-selezione-di-70-volontari-formatori/

 

 


LE FOTOGALLERY

Tutte le foto della campagna 2014



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Il sito della campagna

http://www.iononrischio.it/

 


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La società dei rischi e delle emergenze – la lectio magistralis del Capo Dipartimento Gabrielli

La società dei rischi e delle emergenze – la lectio magistralis del Capo Dipartimento Gabrielli all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università di Calabria

Franco Gabrielli al Congresso 52, 28 novembre

Più che la classe politica e i politici, oggetto ormai da tempo di un dissenso e di una perdita di fiducia che hanno preso il nome di “antipolitica”, a essere oggi in crisi è la  nostra cultura politica, il modo abituale di pensare il bene comune della nostra società. Ed è, questa, una crisi assolutamente bipartisan, grave perché è insieme crisi di contenuti e prospettive ma anche di metodi e strumenti indispensabili a progettare il futuro.
Il nostro Paese è riuscito, praticamente negli stessi anni, nel trentennio tra il 70 e la fine degli anni 90 del secolo scorso, sia a distruggere le sue grandi imprese di eccellenza in settori strategici – dall’energia alla avionica, dalla chimica all’informatica e così elencando, come ha fatto Luciano Gallino in un aureo libretto, pubblicato da Einaudi nel 2003 – sia a sacrificare enormi risorse economiche e umane, oltre che territori e vocazioni antiche, al mito della industrializzazione da realizzare ovunque, come passo indispensabile verso la modernità. 

Cito tre esempi: il primo, l’enorme impatto che le conseguenze dell’industrializzazione hanno avuto e hanno sul territorio del nostro Paese e sulla salute dei suoi abitanti, come una sorta di rischio antropico differito. Penso all’eternit, ai rifiuti industriali, all’inquinamento di tanti territori usati a discarica. Il secondo, gli effetti negativi che la priorità assoluta data all’industria prima e alla finanza poi hanno provocato: penso, ad esempio, alle conseguenze sul rischio idrogeologico provocate dall’abbandono delle attività agricole. Il terzo, che considero il più grave di tutti, è l’incapacità del nostro Paese di cambiare modello di crescita per affrontare in termini meno appesantiti la fase post-industriale dell’economia, con una totale mancanza di studio, di pensiero, di analisi e di progettualità sulle caratteristiche che l’Italia deve arrivare ad avere per reggere nel tempo dei mercati globali.
All’origine di ciò c’è una ragione semplice ma evidentemente difficilissima da superare: la ripartizione di compiti tra pubblico e privato, tra economia e assistenza, tra competenze pubbliche a tutti i livelli, tra risultati economici ed effetti indesiderati sul territorio e sul benessere della popolazione, che oggi non tiene più.

 

Le difficoltà sono evidenti e condivise largamente tra schieramenti politici e livelli di governo. Il senso di impotenza che viene dalla mancanza di risorse adeguate ad affrontare qualsiasi problema serio e “vero” è diffuso a ogni livello. Ma almeno fino a oggi non sono stati elaborati modelli e approcci diversi da quelli dell’epoca industriale: nessuno in Italia è oggi in grado di governare processi e dinamiche che sono diventati sempre più intrecciati. Il massimo che riusciamo a fare è l’appello alla buona volontà, all’impegno, alla responsabilità.

In materia di problemi ambientali e di rischi il nostro livello di conoscenza è cresciuto e migliorato sensibilmente: oggi conosciamo molto meglio di trenta, quaranta anni fa il nostro territorio, i rischi naturali e antropici presenti, i fenomeni di crisi a essi collegati, le dinamiche dei processi, le conseguenze dei fenomeni e delle nostre reazioni. Ma è diventata insopportabile la nostra incapacità di trasformare la conoscenza in consapevolezza, in criteri di scelta evidenti nella loro necessità e urgenza per l’uso delle risorse disponibili per quanto scarse.

Pur con i limiti di una conoscenza scientifica avvertita e consapevole, che sconta ormai da sola, senza bisogno dell’aiuto di giudici e magistrati, la pericolosità di un sapere probabilistico, il quadro di conoscenze di cui disponiamo rende impossibile, in pratica, qualsiasi effetto sorpresa se accade un qualche disastro.

Sappiamo come è messo il territorio, conosciamo i limiti oltre i quali gli equilibri si rompono inesorabilmente e quali sono gli effetti e le conseguenze di queste rotture di equilibrio. Conseguenze note anche ai cittadini, che classificano senza giri di parole le vittime delle catastrofi come “morti annunciate”, rese possibili dalla paralisi, dalla cecità, dalla lontananza di chi doveva impedirle.

Al di là dei casi evidenti di responsabilità personale per i tanti mancati interventi, specie nel campo della prevenzione, la realtà è che siamo nella condizione di non poter intervenire in modo efficace per modificare i profili di rischio del territorio. Pur sapendo benissimo, prima ancora che i giornalisti televisivi ce lo svelino in qualche programma ben costruito per raggiungere buoni livelli di emozione e quindi di audience, che costa meno intervenire prima di una catastrofe che dopo, non siamo in condizione di programmare interventi fattibili capienti abbastanza da poter incidere in modo significativo sui rischi: mancano sempre le risorse, e spesso anche le condizioni di fattibilità, gli accordi sulle priorità, il coordinamento efficace degli interventi e il controllo sulla loro qualità.

Così la sproporzione tra il poco che facciamo e che abbiamo fatto e il necessario cresce di anno in anno. I soli rischi idrogeologico e sismico ai livelli che raggiungono in Calabria richiederebbero interventi per decenni, per importi commisurabili a frazioni importanti del PIL italiano più che del bilancio dello Stato. Il discorso vale, a maggior ragione, per l’insieme delle regioni italiane e per l’intera gamma dei rischi con i quali conviviamo. In più, il modello di crescita che abbiamo seguito ci presenta il conto, nella forma di altri rischi relativamente nuovi o più semplicemente meno percepiti in passato, come l’inquinamento da residui delle lavorazioni industriali che, grazie alla attività imprenditoriale di alto livello espresse dalla criminalità organizzata, si sono estese ben al di là dei confini delle aree di insediamento delle industrie che li hanno prodotti.

Chi governa cerca di proteggere con una assidua presenza sugli strumenti di comunicazione iper tecnologici la reale complessità dell’azione nella quale è impegnato, per non cadere nella trappola costruita da una opinione pubblica che pretende soluzioni immediate a qualsiasi problema. Chi ha compiti e funzioni più operative cerca di vincere ogni giorno la tentazione alla rassegnazione, ostinandosi a usare il suo cucchiaio senza guardare quanto è largo il mare che ha davanti; pur sapendo che la fotografia di oggi non sarà molto diversa, se tutto andrà bene, da quella che potremo scattare tra venti o quarant’anni. Di solito, a questa constatazione amara, segue il silenzio.

Credo che questo sia un silenzio da rompere, perché ci sono due condizioni minime che devono sostenere gli sforzi di chi non si arrende. La prima riguarda la necessità che i cittadini – intesi come volete, anche nella accezione a me non simpatica di “opinione pubblica” – siano consapevoli di come stanno le cose. La seconda, che vi sia la possibilità di formulare domande, di dare corpo a ipotesi nuove, di provare a rompere gli schemi abituali per riconoscerne i limiti e provare a superarli, rendendo di nuovo possibile aprire vie di azione coerenti con i livelli di conoscenza acquisiti.
Senza di ciò, la ricerca scientifica diventa attività masochistica, diventa un saper guardare sempre meglio ciò che accade senza poter avvertire chi sta correndo incontro a rischi ineludibili, senza poter frenare la corsa di chi va verso il pericolo,  senza poter far nulla per ridurlo. E lo stesso discorso vale per chi si occupa di protezione civile.

 

Credo sia arrivato il momento in cui la sola via per ragionare di rischi debba essere quella di riorganizzare le reazioni alle situazioni di rischio senza isolarle dalle dinamiche economiche e dai loro soggetti, superando lo schematismo ormai paralizzante dei soldi pubblici come unica imprescindibile risorsa per gli interventi sull’ambiente. 

Come fare a comunicare il rischio alla popolazione delle città, della costa, dell’interno di questa regione? Che canali, che forme di comunicazione usare? Come costruire condizioni di informazione minima verificata e acquisita dagli abitanti delle diverse parti del territorio? Sono domande che oggi non hanno risposte puntuali, verificate, studiate per essere efficaci con tutti i cittadini, tenendo conto delle diverse sensibilità, capacità culturali, livelli di attenzione che differenziano in tante categorie l’utenza dei destinatari dei nostri messaggi di protezione civile. Anche  su questo piano ci serve arrivare a una nuova fase, nella quale la comunicazione del rischio, la diffusione delle informazioni e la capacità di incidere sui comportamenti sia parte integrante delle elaborazioni che siamo capaci di fare. È indispensabile spiegare a tutti, giovani e anziani, abitanti delle città e dei piccoli paesi, che non serve aspettare un futuro migliore per metter mano alla difesa del suolo e alla mitigazione dei rischi, perché quel futuro non solo non arriva ma non è neppure partito e non sembra avere intenzione di farlo.

Ho parlato di approcci nuovi, multidisciplinari, che aiutino a portare la Protezione Civile oltre il limite delle risposte puramente tecniche e che, allo stesso tempo, siano in grado di costruire su nuove basi la collaborazione tra chi governa il territorio e chi si occupa di protezione civile. 
L’invito che rivolgo a tutta l’Università della Calabria è di dedicare un po’ di attenzione e di impegno di tutti per trovare o, del caso, inventare nuove strade di
collaborazione, di dialogo e sinergia tra le diverse discipline, tra i vari dipartimenti, tra i programmi dei centri di ricerca e di specializzazione, per iniziare almeno a muoversi nella direzione di una nuova protezione civile “integrata”, costruita mettendo insieme conoscenze scientifiche e saperi umanistici, politologici, sociologici, psicologici ed economici, per integrare le diagnosi effettuate sui dati rilevati dentro percorsi di conoscenza che vadano oltre la semplice individuazione tecnica delle risposte da dare. 

Questo modello, per qualcuno un sogno, per altri un incubo, per tutti una frontiera verso l’Ovest del nostro futuro che si è esaurita per sempre, frena e rende impossibile anche l’unica cosa sensata da pensare, progettare e realizzare: un percorso che accompagni nel tempo la riconciliazione tra uomo e territorio, basato sulla rinuncia all’ebbrezza della libertà senza freni per ricongiungere soluzioni di vita e riduzione dei rischi un passo alla volta, metro di terra dopo metro di terra.

 

La storia della nostra protezione civile ci dimostra che occorre un livello di chiarezza più esplicita nel disegnare percorsi e tempi delle decisioni, un disegno chiaro e univoco di distribuzione delle competenze e delle responsabilità, una capacità effettiva di intervento sostenuta da risorse finanziarie e umane proporzionate.

 

Fare protezione civile oggi è diventato veramente difficile, impossibile mi azzardo a dire, se consideriamo un diritto acquisito il federalismo delle risorse e delle opportunità di visibilità e lo statalismo delle cose andate storte, dei costi insostenibili, delle risposte pretese dai cittadini e non date a livello locale. 


Franco Gabrielli

 L’intervento integrale del Capo Dipartimento Protezione Civile Franco Gabrielli – pdf

 


Anpas: se il problema della Protezione civile sono i volontari

Anpas a La Stampa: i volontari non sono i furbetti assenteisti

 

 

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Se il problema sono i volontari: la risposta del Dipartimento della Protezione Civile

“Quello di questi giorni è un dibattito superato dal tempo: il volontariato oggi garantisce quantità e qualità di intervento unica: la risposta di Roberto Giarola (DPC) all’intervista del segretario FNS CISL Roberto Mannone

 

Volontariato protezione civile

 

Riportiamo l’intervento di Roberto Giarola, dirigente servizio volontariato e coordinatore affari giuridici e legislativi del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, intervenuto alla trasmissione di Radio1 Voci del Mattino in seguito alle dichiarazioni del segretario FNS CISL Roberto Mannone al quale anche Anpas ha dato una risposta

 

Non c’è evento in cui gli italiani non abbiano potuto misurare concretamente la grandissima capacità di intervento e la professionalità raggiunta dal volontariato. Il volontariato è una delle componenti fondamentali del nostro sistema come tutte le altre componenti.

Quello emerso negli ultimi giorni è un dibattito superato dal tempo perché è irrealistico oggi presumere che il sistema pubblico faccia tutto da solo quando i margini di recupero, di efficienza nell’attività delle componenti pubbliche sono macroscopici.

Il volontariato oggi garantisce quantità e qualità di intervento unica: è una delle parti del nostro sistema di protezione civile, una delle particolarità ammirata all’estero e più imitata. Vengono in Italia anche da paesi extraeuropei per capire come funziona e come si è integrata nel sistema.

È una grandissima ricchezza salvata su una caratteristica del migliore spirito italiano: la capacità di intervento in solidarietà e in questo lo valorizziamo.

Il volontario di protezione civile svolge compiti e ambiti di attività sui quali vigili del fuoco non operano e capacità di far lavorare insieme queste componenti è l’obiettivo che riesce sempre: c’è tanta collaborazione tra le due parti e integrazione nei lavori di svolgere.

Il volontariato si occupa anche di interventi di altissima professionalità:non pensiamo al volontariato di protezione civile come persone che fanno cose facili. Fanno cose impegnative che richiedono preparazione addestramento, qualificazione sulla quale questa gente investe molto tempo.

L’addestramento significa sottrarre fine settimana alle proprie famiglie, significa impegnarsi su fronti con altissime professionalità: interventi subacquei, alle attività che curano le radiocomunicazioni in emergenza, gli interventi di assistenza alla popolazione, al soccorso in montagna o in grotta

 

La riforma della Protezione civile. La norma di protezione civile è stata codificatea nel 1992, ma da allora è stata modificata molte volte con una serie di interventi parziali o settoriali, a volte sotto la spinta dell’emotività legata ad un evento o ad una calamità particolare.

Oggi questo testo ha forti incoerenze interne per questo è necessario un intervento sistematico con una visione generale per ripartire rimettendo in fila i concetti positivi che nella nostra legge ci sono e che hanno fatto della protezione civile italiana una delle protezioni civili più efficaci a livello non solo europeo.

I principi fondamentali della legge sono validi a partire da quello chiave che protezione civile è un servizio nazionale, un sistema con diverse componenti e strutture dove ognuno concorre con le sue capacità e professionalità. La visione complessiva del sistema, della filiera dell’evento dalla previsione a l’intervento in emergenza al superamento dell’emergenza è ancora valido ancora oggi. Ciò che serve è una revisione di una serie di disposizioni organizzative e gestionali che sono state modificate nel tempo. Un intervento di revisione, ma non dei principi.

Se il problema della protezione civile sono i volontari: la risposta di Anpas al segretario FNS CISL Roberto Mannone


 

Emergency Rapy

L’esercitazione in Valle d’Aosta

 

 

 

 

 

 

 

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Progetto EVRECA: i team al DPC

20 ottobre 2014 – I team Alpha, Bravo e Charlie oggi e domani (21 ottobre) si sono ritrovati al Dipartimento di Protezione Civile per confrontarsi sulle attività del progetto svolte a Grenada e Barbados con la presentazione alla Commissione europea di linee guida per la selezione, il training ed il deployment de “EU Aid Volunteers”.

Scopo del progetto – finanziato dalla Direzione Generale per gli Aiuti Umanitari e la Protezione Civile della Commissione europea e di cui il Dipartimento è capofila – è rafforzare le competenze delle autorità caraibiche in materia di prevenzione, capacità di risposta ai disastri naturali, early warning e allertamento, modalità di coordinamento e capacità di gestione dei volontari sul campo.

Per Anpas è presente Carmine Lizza, responsabile nazionale Protezione Civile: “La protezione civile di Anpas si rende disponibile a dare seguito al progetto mettendo a disposizione la struttura di protezione civile, la formazione, esercitazioni, anche come modello di volontariato impegnato in protezione civile. Con questo progetto continua il nostro impegno nell’allargare il processo di capacitazione della resilienza delle comunità iniziato in Italia 110 anni fa e che ora ci permette di condividerlo e di continuare a migliorarlo grazie anche al contatto al di fuori del nostro paese“.

Maggiori informazioni sul sito www.evreca.eu

 

Evreca

 Il progetto, che vede per la prima volta coinvolto il volontariato di Protezione Civile in un progetto Europeo, è finanziato dall’Unione Europea (DG ECHO). Capofila è il Dipartimento di Protezione Civile Italiana. I partner sono:

ed associati:

Obiettivo  del progetto, finanziato dall’Unione Europea  è quello di definire linee guida e standards per la selezione, la formazione e l’impiego di volontari esperti in attività di gestione e riduzione del rischio. 
I 16 volontari selezionati sono stati divisi in tre squadre: AlphaBravo e Charlie.

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Maltempo Toscana: l’intervento Anpas (in aggiornamento)

Gravi danni alla sede e ai mezzi della pubblica assistenza di Stabbia-Fucecchio (in aggiornamento)

AlluvioneTOS: l'intervento dei volontari Anpas

In aggiornamento

28 settembre – Oggi si è concluso l’intervento dei volontari delle pubbliche assistenze Anpas nella zona di Cerreto Guidi: 866 sono state le richieste di intervento da parte dei cittadini. Anpas e Misericordie hanno garantito H 12 un ambulanza bls-d, squadre in pronta partenza con mezzi 4×4 e pulmini con 860 volontari, di cui 360 sono di Anpas. Da oggi l’attività del Comune si è spostata nella parte agibile della sede della pubblica assistenza di Fucecchio, Sezione Stabbia.


 

 

27 settembre –  Il presidente dell’associazione di Fucecchio Luciano Tafi all’indomani della tromba d’aria del 19 settembre, aveva chiesto il supporto del movimento regionale per rimettere in sesto la sede della sezione pesantemente danneggiata. Un gesto di solidarietà del movimento regionale, l’apertura della sottoscrizione per la ricostruzione, mentre i volontari continuano il lavoro sulle strade della frazione del comune di Cerreto Guidi.  Per contribuire  MPS C.C.N. 15000/47 Intestato ad Anpas Toscana Solidarietà IBAN IT 51T0103002854000001500047

 


23 settembre – Resta fermo a 20 il numero delle persone evacuate e 5 le case inagibili a Stabbia, frazione di Cerreto Guidi. Fino al 22 settembre sono intervenuti 350 volontari (Croce Rossa Italiana, Misericordie, Anpas, Vab, Racchetta e Prociv) per un totale di 542 interventi effettuati di assistenza alla popolazione.

Nella giornata di ieri è stato istituto un gruppo di lavoro ambientale per coordinare nel corso della giornata i lavori per la rimozione dell’amianto: ne fanno parte Asl, Arpat e tre ditte del Comune, interfacciato con la polizia municipale.

Il lavoro prosegue anche oggi anche in vista dei possibili peggioramenti meteo previsi per la giornata di mercoledì.


 

22 settembre – Oltre al supporto alla popolazione, i volontari hanno rimosso gli alberi sopra la sede della pubblica assistenza di Stabbia e pulito la parte agibile. Contemporeamente le pubbliche assistenze Anpas Toscana hanno lavorato con 5 squadre tra cui 1 di tagliatori specializzati per liberare i passaggi e le strade, 1 camion con 3000 lt di acqua.

 


 

21 settembre – Evacuazioni di case, assistenza sociale, pulizia di strade e garage, interventi di emergenza 118, supporto alle sale operative locali: sono solo alcune delle attività degli oltre 100 volontari Anpas impegnati per fronteggiare le emergenze meteorologiche che hanno colpito la Toscana nei giorni scorsi, soprattutto nella zona dell’Empolese e Valdelsa.

Dal 19 settembre i volontari delle pubbliche assistenze toscane sono al lavoro per cercare di restituire alla collettività, già duramente provata dal maltempo: un compito difficile, vista la presenza di detriti provenienti dai tetti dei capannoni industriali della zona, quasi completamente scoperchiati.

“Ormai l’eccezionalità degli eventi è diventata la norma” dichiara Carmine Lizza, responsabile nazionale protezione civile Anpas nazionale. “Vista la frequenza di questi eventi è necessario intervenire fin da subito in prevenzione attraverso un grande progetto di manutenzione delle opere idrauliche presenti, realizzarne delle nuove e, contemporaneamente, potenziare la diffusione delle corrette norme comportamentali da tenere non solo in emergenza”.

 

Fucecchio: i danni all’associazione di Stabbia. Metà della sede della pubblica assistenza è agibile. Un’ambulanza e una macchina di servizio gravemente danneggiate. “Non c’è rimasto più un pino nel giardino della sezione di Stabbia della della pubblica assistenza di Fucecchio”, racconta Andrea Lavecchia, responsabile Anpas zona empolese. “Danni del genere li ho visti solo dopo terremoti. Tre minuti sono bastati a distruggere tutto”.

Fin dai primi momenti dell’emergenza 76 volontari della Pubblica assistenza di Fucecchio e delle altre Pubbliche assistenze della zona di competenza dell’unione dei comuni Empolese Valdelsa hanno portato soccorso sia sanitario che Logistico alla cittadinanza con 12 fuoristrada, 2 pulmini, 1 ambulanza, 3 persone con funzioni di supporto.

 

 

“I disastri ambientali ormai si succedono con una frequenza incredibile, di varia natura e dimensione: e i nostri volontari sono formati anche per reagire prontamente a queste emergenze. Il prossimo 11 e 12 ottobre saremo in 150 piazze d’Italia con Io non rischio” la campagna informativa sui rischi naturali che interessano il nostro paese per sensibilizzare i cittadini sui rischi che interessano il loro territorio. La novità di questa edizione è proprio la prevenzione al rischio alluvione, che si affianca così al rischio sismico e al rischio maremoto già sperimentati negli anni passato. Un forte abbraccio agli amici di Stabbia” dichiara Fabrizio Pregliasco.

 

La sottoscrizione. Anpas Toscana aprirà una sottoscrizione per sostenere la la pubblica assistenza Stabbia-Fucecchio,unico presidio sociosanitario su quel territorio.

Il presiedente Anpas Toscana Attilio Farnesi ha garantito il sostegno del Comitato regionale attraverso una sottoscrizione, ma ha anche assicurato che la struttura delle Pubbliche assistenze fornirà supporto logistico per quanto riguarda i mezzi. 

AlluvioneTOS: l'intervento dei volontari Anpas                                          


 
 

  

 

 

 

 

 

 

 

Rischio idrogeologico: cosa fare

Rischio alluvione: Io non rischio

 

Le immagini dell’intervento dei volontari Anpas



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Cosa Fare –

Ascolta la radio, cerca su internet o guarda la televisione per sapere se sono stati emessi avvisi di condizioni meteorologiche avverse o di allerte di protezione civile.Ricorda che durante e dopo le alluvioni, l’acqua dei fiumi è fortemente inquinata e trasporta detriti galleggianti che possono colpirti. Inoltre, macchine e materiali possono ostruire temporaneamente vie o passaggi che cedono all’improvviso. Poni al sicuro la tua automobile in zone non raggiungibili dall’allagamento nei tempi e nei modi individuati nel piano di emergenza del tuo Comune.
In ogni caso, segui le indicazioni della protezione civile del tuo Comune.PrimaÈ utile avere sempre a disposizione una torcia elettrica e una radio a batterie, per sintonizzarsi sulle stazioni locali e ascoltare eventuali segnalazioni utili;Metti in salvo i beni collocati in locali allagabili, solo se sei in condizioni di massima sicurezza;Assicurati che tutte le persone potenzialmente a rischio siano al corrente della situazione;Se abiti a un piano alto, offri ospitalità a chi abita ai piani sottostanti e viceversa se risiedi ai piani bassi, chiedi ospitalità;Poni delle paratie a protezione dei locali situati al piano strada e chiudi o blocca le porte di cantine o seminterrati;Se non corri il rischio di allagamento, rimani preferibilmente in casa;Ricorda a tutti i componenti della famiglia i comportamenti da adottare in caso di emergenza, come chiudere il gas o telefonare ai numeri di soccorso.

 

Ascolta la radio, cerca su internet o guarda la televisione per sapere se sono stati emessi avvisi di condizioni meteorologiche avverse o di allerte di protezione civile.Ricorda che durante e dopo le alluvioni, l’acqua dei fiumi è fortemente inquinata e trasporta detriti galleggianti che possono colpirti. Inoltre, macchine e materiali possono ostruire temporaneamente vie o passaggi che cedono all’improvviso. Poni al sicuro la tua automobile in zone non raggiungibili dall’allagamento nei tempi e nei modi individuati nel piano di emergenza del tuo Comune.
In ogni caso, segui le indicazioni della protezione civile del tuo Comune.
PrimaÈ utile avere sempre a disposizione una torcia elettrica e una radio a batterie, per sintonizzarsi sulle stazioni locali e ascoltare eventuali segnalazioni utili;Metti in salvo i beni collocati in locali allagabili, solo se sei in condizioni di massima sicurezza;Assicurati che tutte le persone potenzialmente a rischio siano al corrente della situazione;Se abiti a un piano alto, offri ospitalità a chi abita ai piani sottostanti e viceversa se risiedi ai piani bassi, chiedi ospitalità;Poni delle paratie a protezione dei locali situati al piano strada e chiudi o blocca le porte di cantine o seminterrati;Se non corri il rischio di allagamento, rimani preferibilmente in casa;Ricorda a tutti i componenti della famiglia i comportamenti da adottare in caso di emergenza, come chiudere il gas o telefonare ai numeri di soccorso.
DuranteIn casaChiudi il gas, l’impianto di riscaldamento e quello elettrico. Presta attenzione a non venire a contatto con la corrente elettrica con mani e piedi bagnati;Sali ai piani superiori senza usare l’ascensore;Non scendere assolutamente nelle cantine e nei garage per salvare oggetti o scorte;Non cercare di mettere in salvo la tua auto o i mezzi agricoli: c’è pericolo di rimanere bloccati dai detriti e di essere travolti da correnti;Mantieni la calma;Aiuta i disabili e gli anziani del tuo edificio a mettersi al sicuro;Non bere acqua dal rubinetto di casa: potrebbe essere inquinata.Fuori casaEvita l’uso dell’automobile se non in casi strettamente necessari;Se sei in auto, non tentare di raggiungere comunque la destinazione prevista. Allontanati il più possibile dalla zona allagata e se puoi trova riparo in un edificio sicuro;Evita di transitare o sostare lungo gli argini dei corsi d’acqua, sopra ponti o passerelle;Evita i sottopassi perché si possono allagare facilmente;Se sei in gita o in escursione, affidati a chi è del luogo: potrebbe conoscere delle aree sicure;Allontanati verso i luoghi più elevati e non andare mai verso il basso;Evita di passare sotto scarpate naturali o artificiali;Non ripararti sotto alberi isolati perché durante un temporale potrebbero attirare fulmini;Usa il telefono solo per casi di effettiva necessità per evitare sovraccarichi delle linee. DopoRaggiunta la zona sicura, presta la massima attenzione alle indicazioni fornite dalle autorità di protezione civile, attraverso radio, TV e automezzi ben identificabili della protezione civile;Evita il contatto con le acque. Spesso l’acqua può essere inquinata da petrolio, nafta o da acque di scarico. Inoltre può essere carica elettricamente per la presenza di linee elettriche interrate;Fai attenzione alle zone dove l’acqua si è ritirata. Il fondo delle strade può essere indebolito e potrebbe collassare sotto il peso di un’ automobile;Getta i cibi che sono stati in contatto con le acque dell’alluvione;Presta attenzione ai servizi, alle fosse settiche, ai pozzi danneggiati. I sistemi di scarico danneggiati sono serie fonti di rischio.Da tenere a portata di manoE’ utile inoltre avere sempre in casa, riuniti in un punto noto a tutti i componenti della famiglia, oggetti di fondamentale importanza in caso di emergenza quali:Kit di pronto soccorso + medicinali;Generi alimentari non deperibili;Scarpe pesanti;Scorta di acqua potabile;Vestiario pesante di ricambio;Impermeabili leggeri o cerate;Torcia elettrica con pila di riserva;Radio e pile con riserva;Coltello multiuso;Fotocopia documenti di identità;Chiavi di casa;Valori (contanti, preziosi);Carta e penna.

 

 

Maltempo Toscana: l’intervento Anpas (in aggiornamento) Leggi tutto »

Formazione formatori protezione civile: al via il corso

Al via il corso di formazione formatori protezione civile

In 145 provenienti da tutta Italia per creare nuovi formatori di protezione civile

Formazione formatori Protezione Civile

Pontassieve 145 provenienti da tutte le regioni d’Italia i volontari di protezione civile Anpas che, superata la selezione dei mesi scorsi, frequenteranno un corso di formazione per creare altri formatori territoriali Anpas di protezione civile suddivisi in formatori di base e formatori specifici (logistica, segreteria, responsabili di campo di protezione civile e cucina).

 

Un sistema di formazione a “cascata”, già sperimentato e implementato dal movimento delle pubbliche assistenze con “Essere Anpas” e “Io non Rischio” e che permetterà di formare nel tempo un numero maggiore di volontari favorendo la capillarizzazione sul territorio.

 

 

Sessantaquattro ore totali di corso in quattro fine settimana in cui i volontari usciranno dal corso saranno in grado di tenere corsi di formazione per il settore specifico seguito. 

 

“Formare i formatori è la scommessa di Anpas per diffondere al meglio le competenze che i volontari in ambito di protezione civile devono conoscere e sopratutto condividere”, dichiara Fabrizio Pregliasco. “Questa e’ la vera forza del nostro movimento la conoscenza reciproca la capacita’ di lavorare insieme ancor prima di conoscerci”.

L'Aquila 2009

Un percorso di formazione, quello intrapreso da Anpas, che è iniziato con la costruzione della colonna mobile di Protezione civile e finanziata con i fondi messi a disposizione dall’OPCM 3797 del 2009 (articolo 221).

Secondo Carmine Lizza, responsabile nazionale di Protezione civile Anpas, è un obiettivo ambizioso quello di mettere a sistema 140 formatori che possano trasmettere e diffondere su tutto il territorio conoscenze tecniche ormai indispensabili per agire correttamente nella Protezione Civile “cercando, allo stesso tempo, di valorizzare il sentimento della solidarietà verso gli altri, a prescindere da ruoli o differenze, e che è alla base del nostro agire da più di 110 anni”.


 
 

 

 



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 I video del corso

 

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Anch’io sono la Protezione Civile: i Campi Scuola 2014

Al via i Campi Scuola 2014 #scuoledanpas

Si sono conclusi il 7 settembre i campi scuola di protezione civile che 850 ragazzi (di età compresa tra i 6 e i 7 anni) hanno animato l’estate delle trenta pubbliche assistenze Anpas. Anche quest’anno, infatti le pubbliche assistenze Anpas hanno infatti preso parte al progetto di formazione,   “Campi scuola – Anch’io sono la Protezione Civile”, promosso dal Dipartimento della Protezione Civile e nato con l’obiettivo di diffondere la cultura di protezione civile tra le nuove generazioni.

Campo scuola Frigento
Duecentotredici giorni complessivi di esperienza in cui i futuri volontari di protezione civile hanno fatto un vero e proprio “viaggio” all’interno del mondo della protezione civile, scoprendo quanto l’impegno del singolo sia indispensabile al funzionamento dell’intero Sistema. Durante il soggiorno i ragazzi hanno condiviso  idee e procedure e hanno imparato a sentirsi parte attiva di una squadra, per un percorso di crescita.

Esplorazione e contatto con la natura, prevenzione dei rischi, esercitazioni in squadra, presa di responsabilità nei confronti della comunità saranno parte della metodologia che i volontari Anpas adotteranno per far scoprire le attività di protezione civile, i piani comunali di protezione civile e il Servizio Nazionale della Protezione Civile. Tre le aree tematiche che saranno oggetto della esperienza dei ragazzi: antincendio boschivo, sistema nazionale della protezione civile, piani di protezione civile

«Stiamo coltivando i volontari della protezione civile di domani, ma soprattutto i cittadini che si prenderanno cura delle nostre comunità, dei nostri territori e dei beni comuni del futuro», dice Carmine Lizza, geologo e responsabile nazionale Anpas di Protezione Civile. «La cultura del volontariato di protezione civile è l’elemento principale per uscire dall’emergenza e per affrontarla attraverso l’impegno di cittadini consapevoli e formati. Questi ragazzi», conclude Lizza «hanno la fortuna di poter costruire il loro percorso di cittadinanza attiva e di responsabilità: in bocca al lupo a tutti loro e speriamo di ritrovarli nelle nostre pubbliche assistenze anche dopo questa esperienza come in tanti hanno fatto».

Finalità di questo progetto è quella di stimolare tra i giovani il senso di responsabilità e di cittadinanza attiva attraverso la condivisione delle buone pratiche di protezione civile.

l progetto di formazione “Campi scuola – Anch’io sono la Protezione Civile” è nato nel 2007 con l’obiettivo di diffondere la cultura di protezione civile tra le nuove generazioni.

  

Castellana Grotte: il campo scuola

 

 


la fotogallery dei campi scuola 2013 su flickr
 


          

 

 

Il calendario dei campi scuola Anpas 2014

Le date

Abruzzo


30 giugno – 6 luglio Pennadomo (CH)
 

7 – 13 luglio  L’Aquila 


7 – 13 luglio  Orsogna (CH)


21 – 27 luglio Teramo


28 luglio – 3 agosto Civitella Roveto (AQ)

 

Campania


28 giugno – 5 luglio Mirabella Eclano (AV)


29 giugno – 5 luglio Salerno


29 giugno – 5 luglio Corbara (SA)


13 – 18 luglio  Frasso Telesino (BN)


19 – 25 luglio Amalfi (SA)

27 luglio – 2 agosto  Siano (SA)


27 luglio – 2 agosto Baronissi (SA)


23 – 30 agosto  Scampitella (AV)


24 – 30 agosto  Pagani (SA)


31 agosto – 6 settembre Marina di Camerota (SA)



 

Lazio


21 – 28 luglio Campagnano (RM) e Ciampino con i VVFF





Liguria

6 – 3 luglio Monteleco-Voltaggio (AL)

 



Puglia 


28 luglio – 3 agosto Castellana Grotte (BA)


25 – 31 agosto Foggia



 

Sardegna


13 – 20 luglio Marrubiu (OR) il video

 

Sicilia


12 – 18 luglio Niscemi (CL)


13 – 20 luglio Paternò (CT)


3 – 9 agosto Agira (EN)


17 – 22 agosto San Giovanni Gemini (AG)


24 – 29 agosto Enna


27 agosto – 2 settembre Saponara (ME)


27 agosto – 1 settembre Prizzi (PA)



 

Toscana


4 – 10 agosto Stazzema (LU)

 

 



Valle d’Aosta


27 luglio – 2 agosto Verrayes (AO)

 

 

 

 

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Protezione Civile, al via il Programma nazionale di soccorso per il rischio sismico

Anpas: a fianco di Sindaci e amministratori locali per fare e divulgare i piani di emergenza.

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Soddisfazione da parte di Anpas all’indomani della pubblicazione, il 14 aprile scorso, della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri relativa al Programma nazionale di soccorso per il rischio sismico. Un importante provvedimento riguardante il rischio sismico che faciliterà la redazione dei comuni della pianificazione dell’emergenza che renderà più efficace la capacità di allertamento, attivazione e intervento del Servizio nazionale della protezione civile.  

“È la prima volta che si parla di un piano di comunicazione per la divulgazione di un piano di emergenza di Protezione Civile. Anche alla luce degli interventi fatti sia con le campagne di prevenzione, sia nella formazione dei volontari, sia nel corso dei terremoti in Abruzzo nel 2009, in Emilia Romagna nel Pollino nel 2012, riteniamo questa direttiva un importantissimo passo in avanti per la diffusione della cultura della prevenzione nel nostro paese”, dichiara Carmine Lizza, geologo e responsabile nazionale Protezione Civile Anpas. 

Lo stato della pianificazione dell’emergenza. Un provvedimento che va a inserirsi in un Paese dove 5.887 comuni su 7.759 (il 76%)  dispongono di un piano di emergenza, dove in Regioni come Lazio o Campania solo il 40% dei Comuni dispone di un piano. “Senza contare anche la qualità, l’aggiornamento e la diffusione del piano di protezione civile”, prosegue Lizza. “Data anche la collaborazione costante con il Dipartimento di Protezione Civile, proponiamo per portare le nostre esperienze maturate sul campo per partecipare alla redazione e all’attuazione dei piani, a promuovere iniziative e percorsi educativi sulla cultura di protezione civile e, soprattutto, a supportare Sindaci e amministratori locali nella comunicazione ai cittadini dei contenuti dei piani di emergenza”.

Anche grazie alla campagna “Io non rischio” che Anpas ha ideato con Dipartimento di Protezione civile, INGV e Reluis, il ruolo del volontariato di protezione civile ha cambiato prospettiva: non più solo intervento in fase di emergenza, ma formazione dei volontari con il supporto di scienziati ed esperti di primissimo livello e, successivamente, la divulgazione presso centinaia di comunità di riferimento di buone pratiche di prevenzione dei rischi. Grazie a questo percorso negli ultimi quattro anni sono stati formati oltre duemila volontari Anpas, oltre centotrenta pubbliche assistenze in tutta Italia che hanno divulgato la cultura del rischio sismico, ma che hanno anche collaborato e sollecitato comuni e istituzioni locali alla redazione o alla verifica della pianificazione dell’emergenza in modo coordinato con il sistema di Protezione Civile. “Ci auguriamo – conclude Lizza – che anche attraverso questa direttiva, insieme al nostro impegno nelle oltre mille comunità dove le pubbliche assistenze Anpas operano ogni giorno, riusciremo ad avere piani di emergenza aggiornati, conosciuti da comunità formate e capaci di rispondere a ogni emergenza”.

Viadana, Terremoto io non rischio

  

Vedi la direttiva su www.protezionecivile.it

I dati di dettaglio dei comuni dotati di piano di emergenza

 

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Sardegna – Protezione civile, il trasferimento dei materiali da Siniscola a Isili

Trasferiti a Isili i materiali e le attrezzature Anpas con i volontari delle pubbliche assitenze sarde 

Isili, 14 aprile 2014 – Due giorni, circa cinquanta volontari delle pubbliche assistenze sarde impegnati nel trasferimento dei materiali e delle attrezzature di protezione civile Anpas da Siniscola a Isili.

Siniscola-Isili sola andata

Guarda la fotogallery (foto Francesca Orrù)

 

 

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